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Antonio Di Meo – Scienza e Stato. Il Laboratorio chimico centrale delle gabelle dalle origini al secondo dopoguerra – 2003

Antonio Di Meo
Roma, Carocci-Fondazione Lelio e Lisli Basso Issoco, pp. 197, euro 16,90

Anno di pubblicazione: 2003

L’interesse degli storici della scienza per l’organizzazione della ricerca non universitaria, e in particolare per i servizi tecnici della pubblica amministrazione, è un fatto relativamente recente. Una volta colta l’esistenza del problema in termini di struttura del sistema della ricerca, poi, sono ancora pochi gli studi che affrontano in maniera monografica e documentata la ?biografia istituzionale? di singoli organismi. Molto opportuno appare dunque lo studio che Antonio Di Meo dedica al Laboratorio chimico centrale delle gabelle, poi Laboratorio chimico centrale delle dogane e delle imposte indirette, oggi dipendente dall’Agenzia delle dogane. Il lavoro si è svolto nel quadro di un progetto della Fondazione Basso su Scienza e istituzioni nell’Italia del Novecento, di cui il volume costituisce un primo risultato.
Fondato nel 1886 per impulso del chimico Stanislao Cannizzaro, scienziato ed esponente di spicco di quell’élite tecnico-politica cui molto deve la costruzione dello Stato unitario, il Laboratorio chimico centrale delle gabelle divenne uno dei maggiori centri di ricerca dell’Italia postunitaria. A Cannizzaro, che ne fu il primo direttore, successe Gerolamo Vittorio Villavecchia, fondatore in Italia della chimica merceologica. Questi diresse il Laboratorio dal 1896 al 1934, facendone una struttura modello nell’ambito di ricerca della nuova disciplina, ma anche il nucleo generatore di un sistema di laboratori diffusi su tutto il territorio nazionale, al servizio degli organi periferici dell’Erario. La vicenda storica del Laboratorio è ben inquadrata dall’autore sullo sfondo dei programmi politico-culturali connessi al ruolo di Roma capitale dopo il 1870, della nascita della scuola chimica romana, dei problemi della modernizzazione degli apparati scientifici dello Stato. Il libro si conclude affrontando, attraverso lo studio dei documenti relativi alla gestione del personale, alcune importanti questioni storico-istituzionali, viste nella concretezza di un caso di studio: magistratura tecnica ed ethos della pubblica amministrazione, applicazione delle leggi del 1925 contro la massoneria e di quelle antisemite del 1938, epurazione antifascista nel 1943-1946.
Da segnalare lo studio assolutamente originale che l’autore conduce sul ruolo importantissimo del Laboratorio nella nascita e nello sviluppo della chimica di guerra in Italia durante il periodo 1915-1918: un risultato inatteso all’inizio della ricerca svolta da Di Meo e dall’archivista Maria Antonietta Serci, ottenuto grazie all’ordinamento dell’archivio del Laboratorio, recuperato dopo anni di oblio, con la collaborazione del personale e dei dirigenti. Dal recupero dell’archivio, del resto, è scaturita l’idea del lavoro, e proprio alla concomitanza tra operazioni archivistiche e riflessione storica si deve, ad avviso di chi scrive, la qualità del risultato.

Giovanni Paoloni