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Antonio Galdo – Fabbriche. Storie, personaggi e luoghi di una passione italiana – 2007

Antonio Galdo
Torino, Einaudi, IX-153 pp., Euro 14,50

Anno di pubblicazione: 2007

Milano, Torino, Genova, Sesto San Giovanni, Marghera, Valdagno, Parma, Pontedera, Terni, Bagnoli, sono solo alcuni di quei luoghi simbolo dell’industrializzazione italiana in cui sono ambientate le diciotto storie proposte nel volume in questione. Antonio Galdo, giornalista e, attualmente, direttore del quotidiano «L’indipendente», utilizza il materiale raccolto per il programma radiofonico Alle otto della sera, trasmesso su Radio 2 alla fine del 2005, che in venti puntate delineava la storia di alcune tra le più significative «fabbriche» italiane, per ricostruire in centocinquanta pagine, intrecciando luoghi, personaggi ed eventi, momenti significativi delle vicende di alcune tra le maggiori dinastie del capitalismo italiano, ripercorrendo così la storia dell’industrializzazione italiana dalle origini ai giorni nostri. Si parte dunque dalla Milano della dinastia Pirelli, ricostruita attraverso le vicende della Pirelli-Bicocca, la grande città-fabbrica in cui arriveranno a lavorare 20.000 persone, e della famiglia Falck, per anni il primo gruppo siderurgico privato italiano, che trasformò un piccolo centro agricolo come Sesto San Giovanni in una città industriale; passando per la Torino della Fiat, incarnata dalle vicende del Lingotto, ma anche di Pininfarina; per la Valdagno della famiglia Marzotto, trasformata in una vera e propria company town che arrivò ad occupare 16.000 operai nell’industria tessile; per la Pontedera della Piaggio, per la Terni delle Acciaierie e la Fabriano della Merloni; per la Verona delle caldaie della famiglia Riello e la Parma dell’industria alimentare della famiglia Barilla; sino alle più recenti esperienze, legate alle nuove tecnologie, ai servizi, espressione del lavoro flessibile e creativo, esemplificato significativamente dai call center dell’Atesia «regno metafisico del post-operaio» (quarta di copertina). Testimonianze, aneddoti, vicende personali, seppure non corredate dal riferimento a un adeguato apparato critico, se si eccettua la presenza di una bibliografia essenziale, permettono comunque di ricostruire in maniera sintetica fasi importanti della storia d’impresa italiana che, tuttavia, forse eccessivamente semplificando, viene simboleggiata dalla lotta dell’imprenditore per l’autoaffermazione economica e sociale: «Capitalisti senza capitale. Non avevano soldi e sono andati a prenderli ovunque: anche sotto i materassi dei contadini» (p. VII), e dalla coscienza dell’operaio, il quale vedeva nella fabbrica il luogo della propria identità e dell’appartenenza di classe, e che sentiva di costruire con il proprio lavoro la storia del paese. Un libro dunque affascinante e intrigante come un romanzo, che ricostruisce in realtà solo una parte di una storia come quella dell’industrializzazione italiana, segnata certamente da entusiasmo, spirito di iniziativa, rischio ma anche, e non bisogna dimenticarlo, da vicende non sempre esaltanti ed edificanti, da incertezze, compromessi, sfruttamento, corruzione: anche nel passato forse, a differenza di quanto osserva l’a., imprenditori e operai «a vederli vicini [?] erano tanto distanti, irraggiungibili come oggi» (p. VIII).

Angelo Bitti