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Antonio Parisella – Cultura cattolica e Resistenza nell’Italia repubblicana – 2005

Antonio Parisella
Roma, AVE, pp. 204, euro 13,00

Anno di pubblicazione: 2005

Il volume di Antonio Parisella muove dal bisogno di ripercorrere all’indietro il cammino dei cattolici e del loro rapporto con la memoria della Repubblica, ma nasce nel contempo dall’esigenza di ricordare la valenza etica che ha spinto il mondo cattolico all’agire politico nel corso della vicenda repubblicana.
La ricostruzione di Parisella mostra che, già all’indomani della guerra, da parte democristiana la memoria della Resistenza fu soppiantata dal martirologio per i membri del clero caduti in guerra; ma il mondo cattolico diffuso non poteva dimenticare che molti sacerdoti erano stati invece protagonisti della Resistenza. Questo doppio binario sarebbe rimasto negli anni del centrismo, quando la vulgata degasperiana tentò una duplice operazione, da un lato proporre un discorso unitario relativo alla guerra di liberazione, dall’altro privilegiare una lettura moderata e nazionale che vedeva come protagonisti soprattutto i partiti membri del governo centrista, e la DC come garante dell’unità del paese. Ma, nello stesso periodo il mondo intellettuale cattolico rifiutò nettamente questa lettura, come dimostra la pubblicazione del volume Il Secondo Risorgimento, cui collaborarono Mario Bendiscioli e Costantino Mortati: per la prima volta fu posto in luce come anche all’interno di una stessa compagine politica, non ultima la DC, durante la Resistenza, fossero presenti aspirazioni più radicali di trasformazione della società non riconducibili alla funzione nazionale del partito cattolico. Due letture, ancora una volta, coesistenti e in contrasto fra loro.
All’alba del centro sinistra il nesso antifascismo-Resistenza fu accettato anche dal gruppo dirigente DC: primo fra tutti Aldo Moro, che si trovò in più casi a ribadire la vocazione antifascista della Democrazia cristiana e delle sue origini, seguito da Carlo Donat Cattin, che partecipò a un dibattito sulla Resistenza nella Sapienza occupata, nel 1966, dopo la morte dello studente Paolo Rossi. Ma a sdoganare il nesso Resistenza-antifascismo furono soprattutto, dopo il Concilio, i movimenti del dissenso cattolico, che dialogarono anche con il movimento studentesco.
Parisella conclude la trattazione soffermandosi sugli anni a noi più vicini, e affermando che il mondo cattolico, investito, come il resto del paese, da un forte dibattito sulla guerra e sull’antifascismo, ha saputo dimostrare grande freschezza intellettuale soprattutto in ambito storiografico, e sul fronte degli istituti di ricerca (Sturzo e Donat Cattin). Un segnale è giunto poi da Giovanni Paolo II e dalle sue posizioni sul nazismo, che ha scardinato la tradizione di prudenza dei suoi predecessori su questi temi. Lo stesso ha fatto Carlo Maria Martini a Milano, inserendo una riflessione su antisemitismo e Shoah in un programma di formazione per il clero ambrosiano. L’autore non nasconde però un interrogativo finale, ipotizzando che il mondo del cattolicesimo diffuso non abbia raccolto questi segnali: quale eredità per i cattolici democratici in questo dibattito, quando l’anniversario di don Giovani Minzoni, è stato ignorato dallo stesso associazionismo cattolico?

Simona Urso