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Antonio Scornajenghi – La sinistra mancata. Dal gruppo zanardelliano al Partito Democratico Costituzionale italiano (1904-1913) – 2004

Antonio Scornajenghi
Roma, Archivio Guido Izzi, pp. 406, euro 32,00

Anno di pubblicazione: 2004

Lo studio ripropone un vecchio, ma centrale tema, relativo alla storia dell’Italia di inizio secolo: la mancata organizzazione del partito liberale. Molteplici furono le ragioni che impedirono una moderna articolazione di un sistema di partito: il mancato superamento delle tradizionali linee di frattura culturali e istituzionali, ma anche la persistenza di alcune contrapposizioni sociali ed economiche. Da qui scaturirono tutte quelle forme di resistenza regionale e di particolarismo localistico che, unitamente all’astensionismo cattolico, frenarono la nascita di un partito della borghesia. Ma nonostante ciò non mancarono i tentativi per innescare una tendenza inversa. Una prima indagine, a questo proposito, fu condotta da Pier Luigi Ballini nei confronti dei gruppi rudiniani e luzzattini (Destra mancata, 1984). Specularmente Scornajenghi, dottorando di ricerca a Roma III, si muove in direzione opposta, ricostruendo il comportamento dei liberali-zanardelliani che avrebbero dato vita al gruppo democostituzionale e poi al PDCI.
Per fare ciò parte da una sistematica indagine sulle testate gravitanti attorno al nucleo parlamentare bresciano e ligure che si raccoglie intorno alla «Provincia di Brescia» e al «Caffaro». In seguito, indirizza la ricerca lungo due direttrici assai proficue, e prende in esame il rapporto fra le componenti liberali e l’emisfero cattolico, e quello fra centro e periferia. Nel primo caso contrapposizioni e tentativi conciliatori prevalgono sulla sterile interpretazione che identifica i democostituzionali nell’alveo del partito massone e anticlericale, sottovalutando tutte quelle impercettibili evoluzioni ideologiche e strategiche che inevitabilmente avrebbero condotto ogni componente liberale a valutare il peso politico ed elettorale del movimento cattolico. In secondo luogo, l’autore allarga efficacemente la sua ricostruzione integrando l’analisi della lotta politica con l’inclusione di molte variabili provenienti dalla periferia. Tale passaggio risulta ricco di suggestioni, perché consente di calibrare il reale dosaggio di politica parlamentare e politica locale presente in ogni deputato, le cui sorti potevano dipendere anche dalle dinamiche che si prefiguravano nei singoli governi locali che costituivano il proprio collegio elettorale. Il volume, perciò, presenta continui scavi in direzione locale, che consentono di comprendere come il gruppo democostituzionale debba subire vere e proprie emorragie a seconda dei nuovi equilibri che di volta in volta si verificano sia in Parlamento, di fronte alle ipotesi alternative alla leadership giolittiana, che a livello locale, dove l’esperimento dei blocchi popolari registra continue degenerazioni e ibridazioni alla luce della forte mobilitazione delle gerarchie ecclesiastiche. Gli effetti elettorali e politici del Patto Gentiloni, infine, sancirono la fine di ogni velleità organizzativa del PDCI, la cui debolezza apparve di tutta evidenza nella prima consultazione a suffragio semiuniversale.

Marco Pignotti