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Ariane Landuyt (a cura di) – Idee d’Europa e integrazione europea – 2004

Ariane Landuyt (a cura di)
Bologna, il Mulino, pp. 568, euro 38,00

Anno di pubblicazione: 2004

L’idea che emerge forte dal volume è che i sei paesi che hanno dato vita alla Comunità Economica Europea hanno costituito un formidabile polo di attrazione per gli altri paesi dell’Europa occidentale.
Nel corso dei vari allargamenti, ciascun paese che via via ha aderito alla Comunità ha dovuto vincere resistenze di natura economica e culturale ? vedi la Gran Bretagna, che continua oggi a guardare all’Atlantico; resistenze legate alla religione ? si consideri il peso della comunità ortodossa in Grecia; oppure resistenze legate alla collocazione internazionale ? vedi i paesi neutrali come Svezia e Austria, che sono divenuti membri solo dopo la fine dell’Unione Sovietica.
Il volume raccoglie quindici saggi, ognuno dedicato al rapporto con l’Europa di uno dei quindici paesi membri dell’Unione Europea prima dell’allargamento ad Est. Gli scritti sono eterogenei, non ultimo dal punto di vista temporale, alcuni partendo dalle vicende del XIX secolo ed altri molto più focalizzati sul periodo successivo alla seconda guerra mondiale. Gli aspetti privilegiati sono quelli delle motivazioni economiche che hanno spinto ad aderire. Le questioni culturali risultano piuttosto marginali e, forse contro la stessa volontà degli autori, la natura primariamente economica del processo d’integrazione europea sembra confermata.
L’integrazione viene vista come un grande polo creatore di stabilità e di limitazione delle forze centrifughe del continente. L’Irlanda dovette abbandonare la sua ideologia rurale e arroccata sulle abitudini cattoliche, il Portogallo il sogno dell’impero coloniale. La Francia dimenticò l’Eurafrica; tutti i movimenti contro il sistema capitalistico e contro la democrazia multipartitica vennero marginalizzati. I paesi cercarono di imbracciare un’identità europea. Rivelatrice è la frase: ?avendo scoperto la sua identità europea? (p. 443) riferita alla Finlandia. Dimostra che i paesi non sono per natura ?europei?, ma che si scoprono ?europei? quando il processo d’integrazione diventa conveniente per loro dal punto di vista economico o politico.
Il libro non mira a fornire un’interpretazione, né una periodizzazione del processo d’integrazione europea. Si possono comunque evidenziare alcuni elementi comuni fra i saggi. Il ruolo degli Stati Uniti come stimolo all’integrazione appare molto marginale, e lo sforzo d’integrazione sembra dalla lettura di queste pagine in larga parte endogeno. In più saggi ricorre come elemento fondamentale il primo allargamento che ha costituito uno stimolo per tutti i paesi dell’Europa del Nord e scandinava. Emerge come, attorno alla metà degli anni Settanta, la CEE venga percepita come ben più prestigiosa della NATO come involucro politico per fornire protezione, e ben più attraente dell’EFTA come ambito in cui inserire la propria economia. Non sono necessariamente i paesi più piccoli a spingere per una maggiore sopranazionalità, alcuni anzi accettano di diventare membri, come la Svezia, proprio quando le pressioni alla costruzione di una comunità politica sono minori.

Giuliano Garavini