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Arnaldo Testi – Il secolo degli Stati Uniti, – 2008

Arnaldo Testi
Bologna, il Mulino, 347 pp., euro 20,00

Anno di pubblicazione: 2008

Il primo e forse maggiore pregio di questo libro è di essere scritto bene: frasi semplici, chiare che in poco più di 300 pagine raccontano i secondi cento anni degli Stati Uniti: un manuale esemplare e assolutamente raccomandabile. Due mi sembrano le linee-guida seguite dall’a. La prima è un approccio metodico che lega insieme politica e società, mettendo in luce di volta in volta le coalizioni di ceti e interessi che sostengono e danno alimento a culture e scelte politiche: dal Lincoln antischiavista al neocon Bush jr. La seconda è una critica attenta e non preconcetta dell’eccezionalismo americano. Alla vecchia domanda di Sombart su perché non ci fosse il socialismo negli Stati Uniti, l’a. replica con una lezione di storia che disvela tutto il pregiudizio euro centrico dell’interrogativo. Non esiste una necessità universale del socialismo e gli Stati Uniti hanno seguito un proprio originale percorso di inclusione dei lavoratori nella convivenza civile: con le proprie pagine belle e brutte (da Samuel Gompers a Jimmy Hoffa).Il limite del libro è quello di tanti altri manuali: un dialogo sbrigativo con la storiografia. Alla ampia bibliografia finale sarebbe preferibile un rinvio ragionato nel corso della narrazione alle tesi di ciascun studioso. Talvolta l’a. lo fa e sono le parti migliori e più innovative del libro: ad esempio quella dedicata all’antiamericanismo, di cui sono esaminati i principali filoni culturali e ideologici. Ma anche quelle sul Watergate e sui movimenti del Sessantotto, sulle complesse e articolate radici culturali del fenomeno Reagan, sui disordini razziali del 1992 e sulle grandi contraddizioni degli odierni processi immigratori. Talvolta, invece, se ne sente la mancanza. Sulla crisi del ’29 l’a. sintetizza con grande efficacia: «la macchina produttiva era insomma efficiente, anche troppo. A essere inefficiente era la macchina sociale, con la sua diseguale distribuzione della ricchezza» (p. 131). È la giustissima sintesi, secondo me, di mezzo secolo di dibattito in materia: che guadagnerebbe molto a uscire come risultato non scontato di quella (sempre viva) discussione.Problematiche del nostro presente, come la chimera della riforma sanitaria, vengono illustrate nelle loro antiche radici storiche, che risalgono al primo progetto bocciato nel 1947. Miti mediatici come quello di John F. Kennedy vengono ridimensionati, a tutto vantaggio di presidenti meno «comunicativi» come Johnson cui però si devono gli unici pezzi di welfare state del paese. Con il rigore dell’indagine storica, il libro riesce ad essere molto chiaro su due questioni di stretta attualità: la nascita del fenomeno neocon dopo la fine della guerra fredda (e non dopo l’11 settembre, come spesso a torto si ritiene) e il grande errore concettuale di interpretazione dell’attacco alle Torri gemelle come atto di guerra (e non come attentato terroristico) con tutte le drammatiche conseguenze ancora oggi sotto gli occhi di tutti. La fine del libro sul diritto di bruciare la bandiera a stelle e strisce (sancito dalla Corte Suprema nel 1989) è molto bella e bisogna ricordarla ai tanti antiamericanisti di maniera, di ogni tempo e di ogni luogo.

Giovanni Gozzzini