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Arrigo Petacco – Faccetta nera. Storia della conquista dell’Impero – 2003

Arrigo Petacco
Milano, Mondadori, pp. 237, euro 17,00

Anno di pubblicazione: 2003

Petacco, che potrebbe dirsi un campione dell’antipolitica nel settore della divulgazione storica, rilegge in chiave revisionistica il colonialismo italiano (anche se il volume ? una deviazione dagli argomenti a lui più familiari come il fascismo, la Seconda Guerra mondiale, le biografie delle grandi donne ? proprio in quanto deviazione appare peggio riuscito di altri).
In 14 svelti capitoletti, due sull’Italia liberale e i restanti sul fascismo (o meglio sulla guerra d’Etiopia, con tre ultimi a parlare dell’Impero sino al 1941), il divulgatore ha la pretesa di raccontare tutto il colonialismo italiano. Purtroppo, dal punto di vista fattuale, non pochi sono gli errori marchiani. Non fu Depretis a parlare di ?quattro predoni? ma il suo ministro degli Esteri, il generale di Robilant (p. 15). Né fu Saletta a doversela vedere con Dogali: il colonnello arrivò solo a cose fatte, settimane più tardi (p. 16). E tanti altri, persino sul periodo fascista, che francamente menomano fortemente l’affidabilità divulgatrice dell’autore.
Più interessante è soffermarsi sulle interpretazioni che del colonialismo italiano Petacco propone al lettore dell’Italia di oggi, 2003, Berlusconi rege. Tutta la narrazione della vicenda coloniale italiana è ispirata al leit-motiv del popolo italiano che segue, entusiasta, gli ?uomini forti? che volta a volta lo guidano: da Crispi a Umberto I a Mussolini (o, ad un livello minore, da Baldissera a Baratieri a Graziani: anche se, chiosa l’autore, quest’ultimo applicò metodi ?che avevano poco da invidiare a quelli che saranno in seguito adottati dai nazisti?, p. 182).
Mussolini risulta presentato come la guida adatta alla nazione, fermo nelle sue decisioni, persino generoso e nobile d’animo. Quanto al regime fascista, il paese descritto da Petacco è tutto allineato al pensiero e all’azione del suo Uomo forte. Gli antifascisti non sono nominati, e se compaiono è solo nel momento del ralliement al regime. Le responsabilità del regime sono, quanto meno, minimizzate da Petacco. La strage di civili e innocenti ad Addis Abeba seguita all’attentato al viceré nel febbraio 1937 è definita un ?caos? (p. 183): anzi ?quando Graziani uscì dall’ospedale, fermò quell’anarchico spargimento di sangue? (p. 183) (sia pur, si ammette, ?per organizzare la rappresaglia in maniera più sistematica?). Il giudizio complessivo lo si ricava dalla seguente frase: ?per quanto si sia cercata di svilirla, la guerra d’Abissinia fu effettivamente la più grande guerra coloniale combattuta, e l’averla vinta rappresentava un vanto per l’Italia? (p. 174).
Tutto ciò solleva alcuni interrogativi. Quanto il lettore sprovveduto e non informato potrà distinguere fra quelle che sono le affermazioni del regime e quelle che sono le ?interpretazioni? (se così è possibile definirle) di Petacco? Sotto l’apparente leggerezza della divulgazione, questo di Petacco è un ulteriore attacco alla memoria critica dell’esperienza coloniale.

Nicola Labanca