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Arrigo Petacco – ¡Viva la muerte! Mito e realtà della guerra civile spagnola 1936-39 – 2006

Arrigo Petacco
Milano, Mondadori, 217 pp., euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2006

Non avevo mai letto nulla di Arrigo Petacco e mi sono accostato al suo libro sulla guerra civile con curiosità e senza pregiudizi. Quelle che seguono sono le annotazioni che è possibile contenere nello spazio assegnato a questa scheda. Scrive Petacco che «Se è vero come è vero che alla fine di ogni guerra le bugie degli sconfitti vengono smascherate, mentre quelle dei vincitori diventano Storia, in Spagna si registrò il fenomeno contrario» (p. 6). Falso: in Spagna il racconto della vittoria è stato per trentasei anni quello dei vincitori. Scrive che la Confederación Española de Derechas Autónomas (CEDA) era il Partito democristiano spagnolo (p. 12), quando fu un partito confessionale, a base sociale agraria, privo di tradizioni democratiche. Scrive che alla vittoria della CEDA nelle elezioni del 1933, contribuì la Falange (p. 13), che era stata appena fondata e che anche nelle elezioni successive prese un numero irrilevante di voti. Scrive che più si studiano le origini della guerra civile «e più si è colpiti dal ruolo preponderante e decisivo svolto dall’Unione Sovietica nella preparazione di questa tragedia » (p. 13). La smentita giunge più avanti quando si legge che Stalin «fu sulle prime molto cauto rispetto al pronunciamento spagnolo» e che nel «1936, dopo i falliti esperimenti in Germania, in Ungheria e in Cina, non pensava più di ?esportare la rivoluzione?» poiché si «rendeva conto che un intervento russo in Spagna avrebbe rotto il precario equilibrio europeo e aumentato le possibilità di un conflitto mondiale. […]». Da cui «la sua tardiva decisione di inviare aiuti alla Spagna» (p. 75). L’autore definisce la nuova politica dei fronti popolari varata dal VII Congresso dell’IC come tesa all’«unione di tutte le sinistre contro il comune nemico di classe» (p. 14), quando si trattò di un’alleanza di tutte le sinistre sì, ma con i partiti di democrazia borghese, come si diceva allora, in chiave antifascista. Scrive che quando la cospirazione prese avvio nel maggio 1936, i cospiratori contattarono Sanjurjo, Mola e Franco (p. 21), e più avanti che, rompendo gli indugi, il generale Mola aderì al pronunciamiento (p. 27), che sarebbe come scrivere che Mussolini, venutone a conoscenza, aderì alla marcia su Roma, dal momento che Mola, come si riconosce solo molte pagine dopo, fu il «principale promotore del pronunciamiento» (p. 144). Scrive che a Barcellona, dopo la ribellione dei militari, i miliziani «scesero lungo le ramblas» per assaltare l’albergo Colón (p. 32), quando considerata l’ubicazione dell’albergo (che era e sta nella Plaza de Catalunya) i miliziani non poterono far altro che risalire le ramblas. Scrive che Franco «del tempo aveva una concezione tipicamente spagnola: pensava che quello perduto fosse guadagnato» (p. 42) che fa torto a Franco, che non perse tempo nel condurre le operazioni militari, ma scelse di utilizzarlo per fare pulizia nelle retrovie. Scrive che la guerra civile iniziò con gli eccessi degli ultras della sinistra (p. 66), quando cominciò con una sollevazione di militari determinati a seminare il terrore. Il libro ha 207 pagine e le precedenti annotazioni si riferiscono a meno di un terzo. Serve aggiungere altro?

Alfonso Botti