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Arturo Carlo Quintavalle – Gli Alinari – 2003

Arturo Carlo Quintavalle
Firenze, Alinari, pp. 607, euro 120,00

Anno di pubblicazione: 2003

La vicenda dell’Atelier Alinari, tradizionalmente oggetto di indagine di discipline legate alla fotografia e all’arte, ricopre un ruolo nella storia dell’Italia pre- e postunitaria che non può essere trascurato dagli studiosi della cultura e della società tra Ottocento e Novecento. E questo per almeno due motivi: in primo luogo con gli Alinari ci troviamo di fronte a una vera e propria ?impresa culturale? che, operando in quella che inizialmente è la capitale del Granducato di Toscana, riceve e allo stesso tempo irraggia per alcuni decenni in Italia e in Europa un verbo visivo che diventerà un modello per l’immagine dell’arte e dell’architettura; in secondo luogo l’Archivio Alinari, insieme ad altri fondi documentari (spesso incompleti) che riguardano la ditta fiorentina, costituisce un ?sistema di fonti? di straordinario valore ed estremamente raro nella storia della fotografia.
In uno studio che per necessità (spesso ribadita dall’autore, che lamenta la grave carenza di analisi sul tema) si propone come spunto per ulteriori approfondimenti, Arturo Carlo Quintavalle, individuando numerose e possibili linee di interpretazione, ci mostra come la fotografia sia a tutt’oggi uno dei territori più inesplorati della nostra storia culturale. Quella che doveva essere un’introduzione a un libro illustrato diventa così una solida ricerca sull’immaginario dell’Italia unita e un esempio metodologicamente stimolante di analisi storica di un corpus di immagini.
Lo ?stile? Alinari, che pure subisce nel tempo importanti trasformazioni, nasce da un progetto forse non sempre consapevole, ma che si va costruendo in modo sistematico, attraverso il disegno razionale di un percorso di avvicinamento al soggetto che dalla veduta del paesaggio giunge a inquadrare il singolo edificio e il singolo oggetto d’arte, e anche attraverso la sostituzione scientifica delle vecchie lastre con scatti più aggiornati, pratica che rende oggi la datazione delle foto particolarmente problematica. Il risultato non è solo un ricchissimo patrimonio di immagini ma quella che si può a buon diritto definire ?una riflessione sulla fotografia di architettura? (p. 252).
La costruzione della nostra identità nazionale ha comportato anche la presa di possesso visiva da parte del governo nazionale (che per un breve periodo risiede proprio a Firenze) e poi dei cittadini del nuovo Stato (grazie alla diffusione di cartoline che ripetono all’infinito il modello Alinari), del territorio della penisola. Un processo che ha riguardato soprattutto i centri cittadini, che subivano in quegli anni profonde trasformazioni urbanistiche e richiedevano quindi modalità di rappresentazione nuove rispetto ai modelli pittorici. Attraverso il modello prospettico quattrocentesco, le influenze della pittura settecentesca e dei dagherrotipisti europei, ma anche costruendo nuove modalità di ripresa e di racconto per immagini e selezionando attentamente gli elementi che avrebbero compreso le loro fotografie di nitidezza ?positivistica?, gli Alinari non sono stati i semplici catalogatori dell’Italia appena unificata, ma gli autori di un ?documento civile? (p. 19), gli sperimentatori di un paradigma fotografico che ha saputo presto attraversare i confini nazionali.

Gabriele D’Autilia