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Augusta Palombarini – Ree. Memorie sepolte di donne: illeciti amori, gravidanze illegittime e infanticidi nelle Marche dell’Ottocento – 2011

Augusta Palombarini
Macerata, Eum, 244 pp., Euro 18,50

Anno di pubblicazione: 2011

Augusta Palombarini, docente di Storia moderna all’Università di Macerata, afferma programmaticamente di voler porre al centro del volume «i dimenticati dalla storia». Per essere esatti, l’a. si riferisce alle «dimenticate», «donne normali, appartenenti alle categorie sociali più deboli e proprio per questo esposte al rischio di seduzioni e gravidanze illegittime» (p. 12). Pensato come prosecuzione e approfondimento di un lavoro precedente dal titolo Sedotte e abbandonati. “Madri illegittime” ed esposti nelle Marche di età moderna uscito nel 1993, questo volume si colloca nel filone ormai piuttosto consolidato di ricerche costruite su un apparato di fonti processuali e criminali, capaci anche in questo caso di confermare la loro ricchezza. In una prima parte l’a. ripercorre la letteratura, in verità ormai piuttosto vasta, sull’infanticidio. A partire dagli studi non più recentissimi di Gianna Pomata sul controllo sociale della sessualità femminile e di Margherita Pelaja, opportunamente più volte citata, fino al volume di Adriano Prosperi del 2005 in cui viene sondato il vasto territorio occupato dall’infanticidio come peccato e come delitto, come pratica diffusa nella società cristiana.In questa disamina l’a. sceglie un arco cronologico ampio in cui però continuità e cesure vengono spesso lasciate nell’indeterminatezza. D’altra parte il reato che sta al centro della ricerca è riconosciuto come sfuggente, definito «a cifra nera» con un’espressione particolarmente eloquente. Un reato straordinariamente incerto anche per la peculiare impossibilità di stabilire se il bambino fosse nato vivo o già morto.Come nota l’a. – citando Mario Sbriccoli – «quelli che sembrano numeri sono assai spesso residui» (p. 60). Il cuore del volume è rappresentato sostanzialmente da un lavoro di scavo in questi «residui», senza che i quadri concettuali, le categorie interpretative, le ipotesi storiografiche vengano di fatto ripensati. Ne vengono fuori curricula dis-honorum che culminano in «illecita pregnanza» e poi nell’accusa di infanticidio. Sullo sfondo, le Marche, regione profondamente rurale ancora nella prima metà del ‘900, che l’a. sa descrivere con puntualità fino alla più piccola contrada. Le protagoniste sono donne vagabonde, senza famiglia, serve pecoraie, giovani senza marito, contadine che vanno a giornata a mietere o seminare, appartenenti a quelle famiglie di braccianti espulsi dal sistema mezzadrile che non riesce più ad assorbire la crescita demografica del XIX secolo. Una ricostruzione accorta e partecipata di molte storie, capaci ineluttabilmente di suscitare l’empatia dell’a., in cui le questioni più annose – come l’assenza (almeno apparente) di senso di colpa, la scelta dell’infanticidio e non dell’abbandono, la complessa questione della storicità dei sentimenti – restano appena lambite.

Alessandra Gissi