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Bartolo Gariglio – Progettare il postfascismo. Gobetti e i cattolici (1919-1926) – 2003

Bartolo Gariglio
Milano, Franco Angeli, pp. 175, euro 14,00

Anno di pubblicazione: 2003

Attento conoscitore del mondo politico del Cattolicesimo italiano e frequentatore di carte gobettiane, Gariglio raccoglie in questo volume saggi diversi, tuttavia solidamente uniti dal tema delle relazioni incrociate fra il laicissimo (ma dotato di una interiorità ?religiosa?) teorico e organizzatore torinese e i suoi tanti interlocutori ?dell’altra sponda?. In realtà, verso il Cattolicesimo politico Gobetti ebbe una netta evoluzione che, sulla scorta di un’abbondante documentazione testuale e documentale, Gariglio mette in luce: dal primitivo, piuttosto ovvio anticlericalismo iniziale, nel quale il PPI non era visto che come emanazione della Santa Sede, il giovane liberale arriva a tutt’altra posizione, attenta alle interne articolazioni e alle evoluzioni in atto tra i cattolici scesi finalmente nell’agone politico. Le sue riviste, soprattutto «La rivoluzione liberale» (1922-25) e la sua intensa attività editoriale, sono lo specchio fedele della crescente, apertura di Gobetti, pur nella ferma differenza di orientamenti, verso figure e temi del Cattolicesimo politico a lui contemporaneo, anche sulla scorta di un interesse non irrilevante per frammenti di teoria e persino di teologia cattolica, specialmente francese, da Lamennais a Laberthonnière. È chiaro che gli interlocutori privilegiati nel mondo cattolico vengono individuati da Gobetti tra gli antifascisti, da Luigi Sturzo a Francesco Luigi Ferrari. Di quest’ultimo Gariglio ricostruisce la vicenda di uno stimolante libro mai finito, Democrazia senza democratici.
V’è da precisare che nell’apertura gobettiana, che forse Gariglio interpreta un po’ troppo in chiave di un preciso interesse per il Cattolicesimo e magari anche per le sue ?eresie?, v’è la manifestazione di una scelta di lavoro e di condotta da parte del teorico della ?rivoluzione liberale?, ossia il dissenso politico non escludeva affatto il dialogo culturale. Sicché, come egli pubblica un manifesto dell’integralismo cattolico come Rivolta cattolica di Igino Giordani, alla stessa stregua edita Italia barbara di Curzio Malaparte. Scelte in cui, del resto, si manifestava anche un certo ?fiuto editoriale?, per cui se da una parte il catalogo dell’?editore ideale? doveva avviare un ?movimento d’idee?; dall’altra, l’editore doveva anche ?far cassa?, e aprirsi a una gamma di idee, degne di interesse anche se non condivise, ma in grado di raggiungere un certo pubblico.
In ogni caso, ha ragione l’autore a sostenere che Gobetti, rispetto ai cattolici italiani, non solo quelli democratici, ?fu al centro di una ricca trama di rapporti?, che tuttavia conferma forse più che un particolare penchant gobettiano per quel mondo, soprattutto un’onnivora curiosità che ne faceva una figura vocata soprattutto all’organizzazione culturale. Se i gobettiani la smettessero di fare di Piero un idolo, del resto portatore di una idea politica quanto meno problematica, se non velleitaria, ma gli riconoscessero un eccezionale talento di suscitare cultura, sarebbe un passo avanti per gli studi. A tale auspicabile fine, il libro di Gariglio fornisce, a chi lo sappia leggere, un buon contributo.

Angelo d’Orsi