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Benedetta Barbisan – Nascita di un mito. Washington, 24 febbraio 1803: Marbury v. Madison e le origini della giustizia costituzionale negli Stati Uniti – 2008

Benedetta Barbisan
Bologna, il Mulino, 249 pp., euro 20,00

Anno di pubblicazione: 2008

Il volume di Benedetta Barbisan riempie un altro tassello della collana «Le grandi dati della storia costituzionale» del Laboratorio di Storia costituzionale «Antoine Barnave». Si tratta di una decostruzione del mito del sindacato di costituzionalità, con la quale l’a. svela le profonde radici sociali e politiche della teoria del judicial review che viene convenzionalmente attribuita alla sentenza Marbury v. Madison redatta dal Chief Justice John Marshall nel 1803. Il puntuale lavoro di ricerca sulle fonti primarie e secondarie serve innanzitutto a mostrare gli interessi di parte che influenzarono la sentenza, con il tentativo del partito federalista di fare del potere giudiziario un baluardo contro la «rivoluzione» preannunciata dall’insediamento del repubblicano Thomas Jefferson alla presidenza nel 1801. In secondo luogo, consente di smentire quella vulgata secondo la quale Marshall avrebbe dato alla luce il judicial review «come in un gioco di prestigio». I precedenti giuridici prima del 1803 mostrano invece come Marshall potesse attingere a un patrimonio teorico elaborato negli anni ’80 del ‘700, quando la confusa legislazione delleassemblee statali stava mettendo in discussione il libero godimento della proprietà. Infine, permette di mostrare come il mito costituzionale della Marbury venisse «inventato» oltre novant’anni dopo con la sentenza Pollock del 1895, che dichiarava incostituzionale la legge con la quale il Congresso intendeva imporre una tassa diretta sui profitti derivanti da titoli azionari. La difesa della proprietà è allora il filo conduttore tanto dell’elaborazione teorica del judicial review, quanto dell’invenzione del mito costituzionale della Marbury: nel contesto fortemente segnato da conflittualità di classe, il Chief Justice Melville Fuller considerò la tassa come un attacco alla proprietà citando Marbury non per il merito della decisione, ma per suffragare il potere inopinabile della Corte Suprema di decidere della costituzionalità della legislazione. «E poiché ogni potere necessita di fondamento, ecco a cosa tornava utile Marbury» (p. 199). Così, sebbene una maggiore conoscenza della storiografia sulla formazione rivoluzionaria degli Stati Uniti d’America avrebbe dato più profondità al contesto teorico e storico nel quale maturò la sentenza (l’a., ad esempio, non dedica la dovuta attenzione alla riflessione in materia di figure come Alexander Hamilton o Thomas Paine) dal saggio emerge come l’origine del sindacato di costituzionalità non possa essere individuata soltanto nelle pagine di una sentenza, ma debba essere rintracciata anche nella storia, dalla quale viene alla luce il complesso intreccio fra diritto privato e diritto pubblico che sostiene la teoria del judicial review. Il sindacato di costituzionalità non veniva elaborato solo per dirimere le controversie private: quando la Corte Suprema sentenziava in difesa del diritto privato alla proprietà di fronte al governo «democraticamente» eletto, essa elevava la proprietà privata a valore pubblico incontestabile.

Matteo Battistini