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Berlinguer rivoluzionario. Il pensiero politico di un comunista democratico

Guido Liguori
Roma, Carocci, 180 pp., € 13,00

Anno di pubblicazione: 2014

Il volume arricchisce la produzione storiografica che ha accompagnato il trentennale della morte di Enrico Berlinguer. Diversi contributi e vari convegni hanno scandito il tempo che ci separa dall’improvvisa scomparsa del leader comunista. L’a. propone una tripartizione sovrapponibile al percorso biografico di Berlinguer: la proposta eurocomunista, il compromesso storico e la solidarietà nazionale, infine il secondo Berlinguer che si chiude con gli interrogativi sui lasciti e le eredità. Il filo conduttore è il rapporto tra l’uomo e la sua proposta politica in un terreno d’incontro tra il mondo comunista e le dinamiche del caso italiano. Sin dalle prime pagine un interrogativo di fondo accompagna il lettore attraverso le ragioni costitutive del volume: «Egli visse la politica come passione e come dovere. Per passione e per dovere si spense e si consumò, pagando questa sua abnegazione anche con la vita» (p. 9). L’a. segnala la peculiarità di un personaggio amato e per molti versi (questa la chiave interpretativa prevalente) rimpianto. Un uomo schivo che riesce a proporre un’idea della politica e dell’impegno lontana dai rumori del presente, dalle consuetudini della spettacolarizzazione del nostro tempo. Lo sguardo a ritroso nelle radici di una preziosa presenza prevale sui parziali tentativi di storicizzare e rileggere il cammino di un uomo di partito che ha segnato «il corpo vasto dei militanti» e una fetta significativa dell’elettorato della sinistra italiana (p. 11). Le pagine più dense ruotano attorno a una questione che schiaccia il percorso di Berlinguer sulle ombre del tempo presente: «La seconda questione su cui si può riflettere è la seguente: perché nel volgere di pochi anni l’eredità politica di Enrico Berlinguer, un certo modo di intendere il comunismo in uno con la democrazia e con la libertà, venne dissipata e oggi, al di là della retorica celebrativa, non vi sono più partiti di massa che possano dirsi eredi del suo lascito?» (p. 10). Un giudizio che secondo l’a. non lascia spazi o ambiguità: con Berlinguer scompaiono un’idea della politica e una forma definita di presenza comunista nell’Europa occidentale. Questo sguardo a ritroso, condizionato dal rimpianto di una stagione lontana, si poggia sulle fasi della vita di Berlinguer e sugli snodi del suo pensiero politico: centralità dei temi internazionali a partire dall’eurocomunismo (enfatizzato ripetutamente), richiami alle strettoie del sistema politico repubblicano, denuncia delle degenerazioni della vita politica fino ai noti richiami della questione morale come possibile cifra di una diversità comunista irriducibile. Tra le tante finestre possibili l’a. sceglie l’ultimo periodo della parabola berlingueriana proponendo una linea di condivisione rassicurante sul pensiero politico di un comunista democratico; «la profondità e la coerenza dei suoi convincimenti hanno un’impressionante lunga durata: mutano forme e declinazioni tattiche, non le linee ideali e strategiche di fondo» (p. 12).

Umberto Gentiloni Silveri