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Bianca, rosa e nera. Cent’anni di storia d’Italia nella cronaca popolare

Eddy Anselmi
Milano, Mondadori Education, 2016, 437 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2016

Chi fosse interessato a comprendere le virtù (poche) e i vizi (molti) della comunicazione
e dell’informazione dei media degli ultimi anni (e in fondo della vita nazionale),
potrebbe trovare nel volume di Eddy Anselmi più di qualche elemento di interesse. La
cronaca popolare di oggi, infatti, ha una storia lunga alle sue spalle, che l’a. cerca di ripercorrere
attraverso cinquantaquattro «casi» che nel ’900 italiano hanno occupato – talvolta
per mesi o addirittura anni – le pagine dei giornali e, più recentemente, i programmi delle
televisioni pubbliche e private. Dal delitto Murri a quello di Avetrana, dal matrimonio
di Edoardo VIII e Wallis Simpson alle vicende personali dei Savoia, dai vari matrimoni
reali di mezza Europa al «fascino» della ministra Boschi, Anselmi rilegge la storia nazionale
attraverso il sensazionalismo e la morbosità che i fatti di cronaca – bianca, rosa o
nera, appunto – hanno suscitato nei mezzi di comunicazione e nell’opinione pubblica
italiana. Il cortocircuito tra l’informazione offerta dai media e gli immaginari sociali è ben
lungi dall’essere solo la versione pop della vita nazionale. Lì, nell’intreccio inestricabile
tra un’offerta comunicativa che punta a suscitare lo scandalo e una domanda sociale che
pretende i dettagli più morbosi o addirittura macabri, c’è – come ricorda l’a. nell’Introduzione
– la «mitopoiesi» degli italiani di ieri e di oggi.
Narrazione archetipica dove i «personaggi» dei vari casi possono e devono recitare
un ruolo sociale, la cronaca popolare ha svolto spesso e volentieri una funzione conservatrice;
soprattutto nei resoconti della «nera» – si pensi per esempio agli articoli di Dino
Buzzati sulla «belva di via San Gregorio», Rina Fort – il racconto di gesta efferate assume
quasi sempre toni moralistici. La stigmatizzazione del delitto (e la conseguente richiesta
del castigo) va oltre il fatto criminoso in sé, ma investe il quadro valoriale della società
italiana; l’efferatezza di Rina Fort è solo il riflesso visibile della sua amoralità di amante del
marito e padre delle sue vittime. Una funzione sociale, quella del racconto di cronaca, che
talvolta assume connotazioni anche reazionarie, come nel caso della relazione di Fausto
Coppi con la «dama bianca». Ma non di rado, per una curiosa eterogenesi dei fini, la cronaca
popolare finisce per svelare aspetti della vita sociale e culturale, espunti dall’orizzonte
morale. Dal caso dei «balletti verdi» all’atroce morte di Pier Paolo Pasolini, per esempio,
il tema dell’omosessualità – pur in una cornice di senso profondamente conservatrice o
reazionaria – trova proprio nella cronaca nera o bianca una sua visibilità sociale.
Per quanto descrittivo e poco sostenuto da una bibliografia adeguata, il volume di
Eddy Anselmi (che, va ricordato, è un giornalista e non uno storico) offre un ricco resoconto
della cronaca del ’900 italiano. E, forse ancora più importante, segnala la centralità
sociale, culturale e anche politica delle narrazioni popolari nella vita italiana

Barbara Bracco