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Bosnia e Erzegovina. Alba e tramonto del secolo breve

Cathie Carmichael
Trieste, Beit, 271 pp., € 20,00 (ed. or. Cambridge, Cambridge University Press, 2015, traduzione di Piero Budinich)

Anno di pubblicazione: 2016

La storia contemporanea della Bosnia-Erzegovina prende le mosse dal 1875, quando scoppiarono in quella regione delle rivolte contadine cui fece seguito la grande crisi orientale che si concluse nel 1878 al tavolo del Congresso di Berlino. Fu allora che la Bosnia fu affidata all’amministrazione provvisoria (trenta anni) dell’Impero austro-ungarico, che ne avviò un primo e ampio processo di ammodernamento e sviluppo. Il periodo di dominazione asburgica (dal 1908 Vienna annesse la provincia sottraendola definitivamente al potere ottomano) è oggetto del secondo capitolo del volume di Cathie Carmichael, che condensa così i secoli precedenti in una gradevole sintesi (oggetto del primo capitolo). L’a. non ha compiuto una ricostruzione delle vicende politiche e amministrative della regione, che pure non mancano di essere menzionate nei loro momenti salienti, bensì ha voluto offrire al lettore un ricco insieme di spunti tematici e critici che spaziano dalla religione alla cucina, dalla lingua al folklore, dal cinema alla letteratura, dall’arte all’economia. Ne deriva un affresco composito della società e della cultura della Bosnia-Erzegovina nel corso dei secoli.
Il volume è la traduzione italiana di A Concise History of Bosnia. Il sottotitolo è una prerogativa di questa edizione e ne rispecchia bene il contenuto, ampiamente dedicato alle vicende novecentesche. Non poteva essere altrimenti. Del resto la Bosnia fu delimitata nei suoi confini proprio durante i lavori del Congresso di Berlino. Essi furono poi ripresi dopo la seconda guerra mondiale dai comunisti di Tito che elevarono quel territorio al rango di una delle sei Repubbliche che componevano la Jugoslavia. Sono queste, in estrema sintesi, le tappe principali che hanno condotto alla definizione dell’estensione dello Stato bosniaco in età contemporanea. Al periodo asburgico (1878-1918), l’.a. fa seguire la trattazione delle vicende della regione all’interno della Jugoslavia monarchica prima e, poi, dello Stato indipendente croato durante la seconda guerra mondiale. Agli anni del comunismo (1945-1990) e alla guerra a seguito dell’indipendenza del paese (1992) sono dedicati i capitoli seguenti. Il volume, dunque, adotta e propone una periodizzazione largamente iffusa e condivisa dalla storiografia specialistica.
L’a. ha voluto mettere in luce l’originalità della cultura bosniaca, fatta di influenze plurime e caratterizzata dalla capacità di mettere assieme e far convivere mondi diversi in una miscela unica che ha a lungo contraddistinto l’identità di quella regione e che, dopo le guerre degli anni ’90 e l’assetto scaturito dagli Accordi di Dayton del 1995, rischia di andare perduta in nome di una rigida separazione fra le etnie. Ciò è ben testimoniato dalla lettura che l’a. dà della guerra degli anni ’90, vista come «una delle strategie mirate a conquistare territorio più che un conflitto nato dalla reviviscenza degli “antichi odi”» (p. 190).

Antonio D’Alessandri