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Camillo Prampolini costruttore di socialismo

Silvia Bianciardi
Bologna, il Mulino, 574 pp., € 37,00

Anno di pubblicazione: 2013

Nel nostro panorama storiografico si assiste a una corposa ripresa di studi sul socialismo. Nello stesso tempo, il genere biografico vive una stagione particolarmente florida. In questo clima s’inscrive a pieno la bella e dettagliata (oltre che, ci piace sottolinearlo, ben scritta) biografia di Camillo Prampolini ad opera di Silvia Bianciardi, studiosa non nuova a cimentarsi con figure e temi connessi con gli albori del movimento socialista nel nostro paese. Lo studio si avvale, oltre che del vaglio critico dell’ingente letteratura di riferimento, di una notevole mole di materiale inedito, di cui l’a. ha potuto per la prima volta prendere visione, e soprattutto di un’attenta analisi del materiale di emeroteca (le pagine dedicate al Prampolini giornalista e propagandista, prima dalle colonne dello «Scamiciato», poi da quelle della «Giustizia», risultano forse le più felici di un volume nel suo complesso assai ben costruito). Sebbene non manchino riferimenti alle vicende personali di Prampolini, lo studio è soprattutto rivolto, nella prima parte, alla sua formazione culturale. Certo profonda ma marcata, sembra di poter dire, da qualche limite legato al provincialismo, su cui l’a. sorvola ma che già il Croce denunciò nella formazione della generazione che approdò al socialismo venendo dal positivismo. Centrali, quindi, gli studi romani e bolognesi, e l’approdo al socialismo sulla scorta delle riflessioni a proposito del «diritto al lavoro». La seconda parte del libro è dedicata all’attività politica in senso stretto. Sono così rievocati, di Prampolini, gli esordi di polemista caratterizzati da una preminente vena intellettualistica; la sua «andata al popolo» sulla scorta dell’invito di Andrea Costa dopo la crisi dello «Scamiciato»; il ruolo centrale via via conquistato da Prampolini nel socialismo reggiano prima e nazionale poi (a partire dalla sua instancabile attività nel corso della «crisi di fine secolo»); il suo contributo al socialismo riformista e al compromesso giolittiano d’inizio ’900; la sua opposizione alla guerra (di Libia prima e mondiale poi); la sua analisi critica del fenomeno bolscevico e i tratti della sua opposizione al fascismo. Sullo sfondo rimane vividamente tratteggiato dall’a., per tutto il volume, l’ambiente sociale della provincia reggiana, al cui interno si svolse, a ben vedere, la maggior parte della parabola politica di Prampolini. Ed è qui che forse s’intravede un limite, non certo imputabile all’a., quanto piuttosto all’oggetto del suo studio: un radicamento territoriale, lo chiameremmo oggi, che tuttavia ne menoma la proiezione nazionale e la comprensione di dinamiche più vaste. A questo proposito, le pagine salveminiane sui limiti del riformismo nostrano, nel volume solo accennate (p. 299), avrebbero meritato forse un più attento vaglio critico. L’imponente lavoro di ricerca dell’a., in conclusione, ci restituisce un vivido ritratto di una personalità centrale nella nostra storia a cavallo tra ’800 e ’900.

Tommaso Nencioni