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Carlo De Maria, Patrizia Dogliani – Romagna 1946. Comuni e società alla prova delle urne – 2007

Carlo De Maria, Patrizia Dogliani
Bologna, Clueb, 120 pp., Euro 10,00

Anno di pubblicazione: 2007

Il volume rappresenta un approfondimento in una dimensione locale di una ricerca sulle elezioni comunali che si svolsero in Italia nel 1946. Si tratta inoltre della continuazione di due precedenti pubblicazioni della stessa collana, dedicate alla storia della Romagna tra fascismo e antifascismo e alla particolare situazione del Riminese, centro di raccolta dei prigionieri dell’esercito tedesco nell’immediato dopoguerra. Il testo condivide l’ipotesi secondo la quale il ritardo con cui si tornò a votare liberamente in Italia rispetto ad altre nazioni europee fu dovuto alla vincente strategia politica di democristiani e Alleati ma anche alla disorganizzazione amministrativa che dilatò i tempi della formazione delle liste degli elettori. Le elezioni amministrative della primavera del ’46 sono poi giustamente inquadrate dai due aa. nel contesto specifico dell’emergenza postbellica, prodotta dalla prolungata sosta nell’area romagnola di soldati prigionieri tedeschi o della RSI e dei sorveglianti alleati (specialmente polacchi) che generò fino al 1947 aspre tensioni sociali con le popolazioni locali. Come ben dimostra Dogliani, le province di Forlì e Ravenna risentirono pesantemente non solo delle devastazioni belliche e del massiccio sfollamento ma anche di problemi di ordine pubblico e di gestione alimentare, in un complicato intreccio di violenza politica e criminalità comune.Attento alla ricostruzione del voto amministrativo in queste province, il paragrafo di De Maria, oltre a fornire un’inedita analisi quantitativa dei risultati, corredata da un’ottima appendice statistica (la sinistra socialista e comunista vinse in 58 Comuni su un totale di 68), si concentra sulle contrastate modalità di partecipazione e rappresentanza femminile, confermando lo scontro di genere e di generazioni innescato nel mondo del lavoro dal ritorno dei reduci, rilevato già da Dogliani. In ultimo si sposa la tesi condivisibile del ruolo di supplenza nei confronti dell’amministrazione statale svolto dai canali partitici nell’interscambio tra centro e periferia e nella distribuzione delle risorse, anche a scapito di imparzialità, competenza e dei progetti di ricostruzione autonomistici (anche se ci pare forse eccessiva l’osservazione che il protagonismo dei partiti affossi la figura del prefetto, che mantiene, a nostro giudizio, ancora un ruolo politico e di mediazione non marginale). Il volume fornisce in tal modo uno stimolo importante a sviluppare, con ulteriori ricerche, il confronto dettagliato tra il voto amministrativo e i risultati delle elezioni politiche del 2 giugno ’46. Inoltre esso costituisce un invito ad approfondire, sul piano dei rapporti tra istituzioni e società, il tema della continuità degli apparati statali nonché quello relativo al ricambio della classe politica e amministrativa. In definitiva ci sembra che il libro affronti nella giusta direzione lo studio delle condizioni concrete con cui si avviò la ricostruzione democratica del sistema politico e delle logiche di partecipazione elettorale in sede locale.

Giovanni Schininà