Cerca

Carlo Spagnolo – Sul Memoriale di Yalta. Togliatti e la crisi del movimento comunista internazionale (1956-1964) – 2007

Carlo Spagnolo
Roma, Carocci, 271 pp., Euro 22,50

Anno di pubblicazione: 2007

L’intento dichiarato che Spagnolo si pone con questa sua ultima fatica è quello di dare una risposta, in termini storici, ai motivi della crisi del comunismo italiano e, più in generale della «nazione democratica antifascista». Lo fa attraverso un’analisi approfondita (densa di spiegazioni e, talvolta, di giustificazioni, ma anche lontana dalla agiografia) delle origini, del contenuto e delle finalità del Memoriale, basata su fonti archivistiche italiane e straniere (in particolare provenienti dagli archivi della ex DDR) e sulla ricostruzione delle relazioni tra il PCI (e il suo leader, Palmiro Togliatti), l’URSS e il movimento comunista internazionale dal 1956 al 1964. È un libro complesso, ricco di spunti (per la descrizione dei contrasti tra i vari partiti comunisti e all’interno dello stesso PCI, oltre che del gioco di strategie reciproche), ma anche, a mio parere, non esente da contraddizioni (insite nello stesso soggetto del libro) a cui potrò, in questa sede, solo brevemente fare cenno. La tesi di fondo è che l’appartenenza del PCI al movimento comunista avrebbe creato «una tensione irrisolta e crescente tra l’identità nazionale e quella internazionale […]. La politica di Togliatti non si comprende se non come ambizioso tentativo di contribuire alla strategia generale dell’intero movimento comunista, pur essendo al di fuori del campo socialista» (p. 16), ma sentendosi partecipe della «comunità immaginata» del comunismo internazionale, anche dopo la crisi del ’56 e l’inizio dei contrasti tra sovietici e cinesi: una sorta di «unità nella diversità», in cui il paragone più spontaneo è quello del modello della Chiesa cattolica (p. 60). In questo senso, secondo Spagnolo, il rapporto tra Togliatti e il movimento comunista internazionale offre un esempio «della specificità del comunismo italiano, che è stato un comunismo occidentale, democratico e riformatore» (p. 19). Il corsivo è nel testo e Spagnolo sottolinea giustamente le contraddizioni insite nel riformismo del PCI, anche se il vero problema risiede nelle ambiguità dell’idea togliattiana di democrazia, come ammette lo stesso Spagnolo scrivendo che Togliatti, pur avendo «consumato le certezze assolute sul futuro del socialismo», non si era liberato del tutto «di una deterministica sovrapposizione tra gli interessi del socialismo e quelli dell’URSS» (p. 65). Risulta così abbastanza sorprendente l’interpretazione data dall’a. all’atteggiamento di Togliatti di fronte ai fatti d’Ungheria (pp. 136, 168-169), quando è proprio questa ambiguità che si riflette sulle posizioni prese nei confronti del centro-sinistra, cui il Memoriale accenna nell’ultimo paragrafo: «Togliatti elude la questione, cerca una soluzione il più possibile indolore, spera sino all’ultimo che il PCI non debba scegliere tra la propria appartenenza al movimento e un ruolo di governo nel paese» (pp. 66-99). Come ammette Spagnolo «sciogliere la doppiezza per Togliatti significa stare sul terreno della Costituzione e abbandonare l’ipotesi della scorciatoia crollista, riconoscere l’improponibilità di una crisi del tipo di quella del 1917» (p. 147), il che, per un leninista convinto quale Togliatti, non era evidentemente possibile.

Giovanni Scirocco