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Carlotta Latini – Governare l’emergenza. Delega legislativa e pieni poteri in Italia tra Otto e Novecento – 2005

Carlotta Latini
Milano, Giuffrè, pp. 296, euro 30,00

Anno di pubblicazione: 2005

Il volume affronta la complessa realtà dell’ordinamento dell’Italia liberale in tema di pieni poteri e poteri straordinari sia dal punto di vista delle riflessioni della scienza giuridica, sia tenendo conto dei problemi costituzionali sollevati. A partire da una comparazione tra la teoria dei giuristi italiani sui pieni poteri con quelle formulate in Francia, Germania e Inghilterra, l’autrice analizza la concreta esperienza italiana, un unicum nel panorama europeo per il reiterato ricorso al trasferimento di funzioni dal Parlamento all’esecutivo, inteso come strumento di semplificazione dei meccanismi di produzione della legge. Uno dei nodi che l’autrice affronta è quello dell’assenza di una disciplina normativa dell’istituto della delegazione legislativa fino al fascismo e di converso quello della sua legittimazione consuetudinaria. Accanto a questo elemento sta poi il carattere estremamente dilatato attribuito alla nozione di delegazione legislativa, ed è a questo riguardo che il volume fornisce preziosi orientamenti in relazione a un controverso nodo dottrinario, vale a dire la natura profondamente diversa dei pieni poteri rispetto ai poteri straordinari. Mentre questi ultimi (racchiusi tra i due poli decreto-legge/stato d’assedio) comportavano un’autoinvestitura dell’esecutivo di funzioni legislative in ragione dello ius necessitatis, i pieni poteri, riconducibili a uno stato di eccezione, richiedevano invece un’esplicita delega di tali funzioni da parte del Parlamento e ponevano quindi un fondamentale problema in termini di equilibrio tra poteri. A fronte di tale distinzione stava però una perdurante confusione anche terminologica tra i due istituti, fondata sulla frequente collocazione anche dei pieni poteri e dunque della delegazione legislativa nell’alveo dello ?stato di necessità e urgenza?. Fu la guerra a rappresentare lo snodo cruciale: punto di raccordo tra principio di necessità e pieni poteri, condizione di straordinarietà in cui si capovolge il rapporto tra politica e diritto, dove se normalmente la politica si muove nel solco tracciato dal diritto, la necessità mette l’autorità politica al di sopra della legge. Veramente difficile da tenere assieme nella lettura, il libro risulta abbastanza disorganico e confuso, con numerose ripetizioni, dando la sensazione di un assemblaggio di pezzi scritti in occasioni e momenti diversi. È indubbio, però, che offra spunti di riflessione molto interessanti e assai significativi per una storiografia troppo avvezza a ragionare su fatti la cui dimensione giuridica è rilevante, senza conoscere né il reale contenuto degli istituti giuridici, né il dibattito dottrinario. Qui siamo nell’eccesso opposto: si spiega il tutto con un tecnicismo talora pedante, ma si dimentica la storia o meglio la dimensione politico-sociale delle istituzioni e la valenza del contesto. Parlare di pieni poteri nel 1848 non è ovviamente, e non può essere, la stessa cosa dei pieni poteri del 1915, se non altro perché, sia pure in maniera contraddittoria e difficoltosa, il regime costituzionale si era trasformato passando dal costituzionalismo puro alla parlamentarizzazione.

Daniela Adorni