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Carmine Pinto – Il riformismo possibile. La grande stagione delle riforme: utopie, speranze, realtà (1945-1964) – 2008

Carmine Pinto
introduzione di Simona Colarizi, Soveria Mannelli, Rubbettino, 213 pp., euro 20,

Anno di pubblicazione: 2008

Il lavoro di Carmine Pinto, introdotto con efficacia da Simona Colarizi, porta al centro della riflessione storiografica il vischioso tema del riformismo nel contesto dell’Italia repubblicana. Questo è un argomento con cui la ricerca storica non solo si è ancora poco confrontata, ma quando lo ha fatto ne ha prevalentemente e sbrigativamente messo in evidenza la discrasia tra l’ampia e lungimirante progettualità e la sua mancata traduzione in termini concreti. Invece, come già anticipato nel titolo, l’a. prende le mosse da un assunto inverso focalizzando la sua ricerca, oltre che sulle utopie e sulle speranze, proprio sulle realizzazioni positive a cui il riformismo condusse.Attraverso l’osservatorio privilegiato delle vicende del Partito socialista italiano, il testo in cinque capitoli ricostruisce, con l’ausilio di un corredo archivistico in parte inedito, la fitta attività che a partire dal 1945 fu dispiegata dalla dirigenza del Partito per «dotarsi di un disegno riformatore efficace e credibile per la società italiana» (p. 18). Questo obiettivo si anima o si svilisce in conseguenza dei risultati elettorali e delle alleanze che essi determinarono, passando perciò da una prima fase post-bellica propositiva e dinamica, in cui lo slancio riformista del Partito si identificava nelle proposte dell’Istituto di studi socialisti milanese (1945-1947), ad un periodo di arroccamento dietro un ideologismo cieco e reazionario condizionato dell’alleanza ingombrante col Pci (1947-53).Il corpo centrale del testo è dedicato all’emancipazione graduale dal legame col Partito comunista e al conseguente rafforzamento delle istanze della corrente autonomista del Psi (1954-61). Il Piano Vanoni, il rapporto Chru??ëv, l’adesione al Mec, sono solo alcuni dei nodi su cui quest’alleanza si consuma, aprendo di contro ad un progressivo avvicinamento alla Dc fino all’ingresso del Psi nella «stanza dei bottoni». Ed è in questo percorso che il Psi vede concretizzati alcuni dei suoi propositi riformisti, tra cui la nazionalizzazione dell’energia elettrica appare il caso più emblematico.Pinto ricostruisce questo percorso attraverso l’articolato confronto dialettico che il Psi compie sia al suo interno, e che si traduce di fatto nella perdita delle sue ali estreme (Psli, nel 1947, e Psiup, nel 1964), sia all’esterno con gli altri protagonisti dell’arena economico-politica (partiti, sindacati, Confindustria, Banca d’Italia, Eni, ecc.). Costante nel lavoro è anche la presenza della dimensione internazionale e dei rapporti altalenanti che il Psi mantiene con il socialismo europeo. Manca, invece, un confronto tra il centro e la periferia attraverso cui testare la condivisione d’intenti tra la direzione e la base del Partito. Ciò avrebbe richiesto l’uso di fonti ulteriori e diverse, ma avrebbe anche contribuito a rendere il lavoro ancora più compiuto.In un momento storico come quello attuale in cui l’invocazione al riformismo è spesso abusata e strumentalizzata, definirne il significato e chiarirne i contenuti, come contribuisce a fare il lavoro di Pinto, è più che mai indispensabile.

Domenica La Banca