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Catherine Brice, Giovanni Miccoli (a cura di) – Les racines chrétiennes de l’antisémitisme politique (fin XIXe-XXe siècle) – 2003

Catherine Brice, Giovanni Miccoli (a cura di)
Roma, École Française de Rome, pp. 392, euro 39,00

Anno di pubblicazione: 2003

Nell’ultimo trentennio dell’Ottocento, l’erompere dell’antisemitismo spinse i contemporanei più avvertiti a insistere ? per dirla con Brecht ? sulle ?cattive novità? di un odio antiebraico che a molti altri appariva al contrario il sussulto residuale di un passato in via d’esaurimento. Mezzo secolo dopo, il peso della Shoah sulla coscienza europea contribuì a convalidare quella percezione, e rafforzò l’idea di una radicale cesura fra il vecchio antigiudaismo religioso, teso alla discriminazione, e il nuovo antisemitismo politico, che aveva condotto allo sterminio. Fra i molti meriti del volume curato da Brice e Miccoli, non ultimo è l’aver problematizzato questa interpretazione, senza indulgere al meccanico rovesciamento della drastica rottura in una lineare continuità. Frutto di una serie di colloqui organizzati nelle rispettive sedi dall’École Française e dall’Università di Trieste, l’opera raccoglie tredici contributi che si spingono dalle premesse settecentesche (Caffiero) alla pubblicistica fascista (Matard-Bonnucci, Moro), dalla Spagna (Botti) alla Polonia (Corni). I distinti approcci degli autori producono risultati diseguali, ma le diverse ricerche sembrano trovare un terreno unificante nella discussione sui rapporti fra vecchi e nuovi stereotipi antiebraici e fra tradizione cristiana e antisemitismo contemporaneo. Non è possibile soffermarci su ognuno di essi, salvo menzionare gli innovativi contributi in merito al caso italiano, su un secolo di narrativa (Bonavita), sulla percezione ebraica dell’antisemitismo (Catalan), sulla stampa cattolica di fine Ottocento (Di Fant). Agli studi particolari si aggiungono due importanti scritti di Miccoli. Apre idealmente il volume la proposta di riconsiderare il ?nesso fluttuante? che si instaura in età contemporanea fra antiebraismo cristiano e antisemitismo: quest’ultimo riprende e rilancia, secolarizzati o meno, i vecchi stereotipi della tradizione religiosa, ma i cristiani partecipano attivamente, con il consenso delle autorità, ai movimenti antiebraici e ne mutuano linguaggio e intenti politici. Se da queste pagine di Miccoli si può apprezzare l’importanza del cantiere di ricerca di cui il volume è testimonianza, la necessità di approfondire le indagini è ribadita nel Provvisorio epilogo posposto ai contributi. In quelle pagine si insiste sulla dimensione europea dell’antiebraismo e sulla necessità di non soffermarsi sulle distinzioni dottrinarie e di spingersi ad analizzare la dimensione concreta dei fenomeni, anche attraverso l’allargamento del novero delle fonti. Dal volume risultano sottolineate le profonde implicazioni fra il lascito della tradizione cristiana e la sua attualizzazione da parte delle Chiese e degli antisemiti, istituzioni e movimenti sempre sul crinale fra cooperazione e conflitto, ma sempre tesi, per buona parte dell’Otto-Novecento, alla riproposizione di un’immagine radicalmente negativa degli ebrei, finalizzata alla richiesta di una qualche forma di revisione dell’emancipazione. Da quelle immagini e da quelle richieste è oggi impossibile prescindere nella riflessione sulle origini della Shoah e sul ritorno dell’antisemitismo.

Michele Nani