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Catherine Brice – Monarchie et identité nationale en Italie (1861-1900) – 2010

Catherine Brice
Paris, Éditions de l’École des Hautes Études en Sciences Sociales, 430 pp., € 29

Anno di pubblicazione: 2010

Il volume, rielaborazione di una thèse d’État in tre volumi discussa presso l’Institut d’Études Politiques di Parigi, analizza, in modo convincente e con l’ausilio di un ampio e variegato spettro di fonti manoscritte e a stampa, il ruolo-chiave – fin qui ampiamente sottovalutato dalla storiografia – che la Monarchia ha svolto come veicolo di integrazione nazionale e di socializzazione politica nel primo quarantennio unitario.Attraverso un dialogo serrato con le scienze sociali e con la ricerca storica (a partire dagli studi pionieristici di F. Luciani e Filippo Mazzonis, al quale il testo è dedicato), l’a., specialista apprezzata di storia italiana contemporanea, illustra in nove densi capitoli le peculiarità della nazionalizzazione dei neo-italiani. Questo processo si realizza attraverso una «nuova politica» che ha per attori principali la Casa regnante e, in particolare, le figure dei sovrani, incarnazione al contempo della comunità nazionale e del potere politico, ma anche delle sovrane nel caso della regina Margherita. La quale, accanto al patrocinio di una diffusa sociabilità monarchica di genere, svolge un fondamentale ruolo di conciliazione capace di raggiungere segmenti politici e socio-culturali lontani dalle istituzioni e reciprocamente antitetici come il mondo cattolico e l’universo democratico.A differenza della maggioranza degli studi precedenti sui processi di integrazione nazionale in età liberale che si sono concentrati sui vettori classici di nation-building (rituali festivi ufficiali, scuola, esercito, partecipazione elettorale) evidenziandone limiti e tensioni, questo volume ha il merito di concentrarsi sui discorsi e le pratiche, sospese fra arcaismo e modernità, di una programmatica «politica di immagine», fortemente personalizzata ed emozionale, che individua i suoi vettori nelle ricorrenze (compleanni, nascite, matrimoni) e nelle celebrazioni dinastiche (decessi e funerali), nella monumentomania regia locale e nazionale, nei bagni di folla dei viaggi ufficiali della famiglia reale o dei tours estemporanei in località note o semisconosciute, organizzati a seguito di catastrofi naturali e di emergenze sanitarie sfruttate mediaticamente e politicamente soprattutto da Umberto I per la costruzione dell’icona laica del «re salvatore», fondata su un eroismo domestico e civile simmetrico (e complementare) rispetto a quello guerriero del padre.La frequenza (e l’accezione positiva) con cui s’incontra il lemma «plebiscito» nel discorso pubblico della «nuova politica» monarchica («plebiscito di dolore», «d’amore», «di lutto», «di marmo») sono la spia di come per i suoi ideatori, attori e destinatari essa si configuri come una sorta di riproposizione permanente dei «voti nazionali» espressi fra 1860 e 1870 a favore del «re eletto» Vittorio Emanuele II e dei suoi discendenti. La matrice bonapartista e consensuale di questo immaginario politico è lasciata in eredità dall’Italia risorgimentale e post-unitaria al ‘900, su cui l’a. sta lavorando e da cui – alla luce di questa importante ricerca – è lecito attendersi risultati analiticamente non meno innovativi e rilevanti.

Gian Luca Fruci