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C’eravamo anche noi. Appunti sulla storia dei socialisti livornesi 1944- 1994 e qualche curiosità,

Massimo Bianchi
Roma, Bonanno, 196 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2015

Il libro dello studioso socialista di Livorno, notissimo in città per la lunga militanza
politica e per aver ricoperto il ruolo di vicesindaco, si propone – ad un tempo – come
testimonianza e tentativo di bilancio.
La prima parte, dedicata al periodo compreso tra nascita del Psi e fascismo, è la meno
significativa; la seconda più ampia, e distesa sino agli anni ’70, si fonda su ricordi trasmessi
dai socialisti più anziani, su letture e su conoscenze fatte. Impossibile dunque collocare
il testo in un genere: senza essere un saggio storiografico, esso è però capace di dissipare la
coltre di silenzio caduta su vicende recenti.
Cuore del lavoro è la città labronica, protagonista, con il gruppo dei socialisti, di un
lungo excursus, attento anche agli anni ’20, ma soprattutto al secondo dopoguerra, quando
il Psi si «ricostruisce», cresce in iscritti e sezioni, ma resta inesorabilmente agganciato
al Pci, condividendo, sino ai fatti d’Ungheria, la forte passione per l’Urss, e accogliendone
subito dopo, in sede locale e nazionale, i transfughi (Furio Diaz, ex sindaco labronico e
grande intellettuale, e Luciano Montelatici, figura di spicco dell’antifascismo).
I socialisti continuano a sedere in Consiglio comunale e nelle varie giunte e a partecipare
alle discussioni sulla ricostruzione cittadina (anche quando il Pci supera il 51 per
cento); e continuano a crescere, forti di una composizione più mista e meno schiacciata
sull’operaismo, ma sono lacerati all’interno da contrasti e correnti. L’apertura al governo
di centro-sinistra sarà fonte di ulteriori strappi, preludio alla scissione del 1964. Gli iscritti
calano allora in città e provincia e il Partito perde consensi; ci si astiene nelle giunte con
il Pci ma ci si accorda per la presidenza degli enti minori. I socialisti livornesi non abbandonano
insomma la possibilità di giocare un ruolo importante nella vita amministrativa
e associativa. I deludenti risultati alle elezioni politiche del 1969 concorrono però a una
nuova scissione, stavolta da destra, mentre si accentuano le divisioni dal Pci.
La narrazione è scandita dalle varie vicissitudini, riportate spesso in modo troppo
schematico: la riconferma del segretario De Martino nel 1976, la caduta per la prima volta
alle elezioni nazionali del Psi sotto la soglia del 10 per cento, l’abbandono di De Martino,
l’arrivo di Craxi, le difficoltà della federazione demartiniana livornese e gli scontri
generazionali al suo interno, la vittoria nel 1978 della mozione Craxi-Signorile che riallinea
il Partito alle scelte nazionali e che inasprisce i dissensi con la maggioranza comunista
sino all’opposizione alle giunte rosse di Livorno e provincia (tranne Portoferraio), l’arrivo
nel 1987 dei primi avvisi di garanzia. Nel 1989 Livorno vive il conflitto durissimo dei
portuali contro il Decreto Prandini e una grave crisi economico-industriale che acuisce
lotte e disagi e durante la quale il sindaco Lamberti ritira le deleghe ai socialisti. L’epilogo
è noto: alle elezioni politiche del marzo 1994 il Psi si liquefà (2 per cento), pochi mesi
dopo a Roma si scioglie ed esce di scena.

 Catia Sonetti