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Cesare Bermani – «Filopanti». Anarchico, ferroviere, comunista, partigiano – 2010

Cesare Bermani
Roma, Odradek, 122 pp., € 14,00

Anno di pubblicazione: 2010

L’ultimo lavoro di Cesare Bermani, tra i maggiori storici orali italiani, è dedicato alla figura di Emilio Colombo, dirigente comunista della provincia di Novara. La ricostruzione della biografia di Colombo, figura minore del movimento operaio del nostro paese, rappresenta ugualmente un importante tassello per cogliere l’evoluzione di quella parte del panorama politico italiano dagli inizi del XX secolo fino alla metà degli anni ’60 del ‘900.Il protagonista della narrazione viene seguito infatti dall’iniziale formazione anarco-sindacalista fino all’assunzione in ferrovia. Animatore sindacale di una categoria tradizionalmente battagliera, organizza molti scioperi in Lombardia nel periodo del «biennio rosso» venendo licenziato dopo l’avvento del regime fascista per la sua militanza nel movimento comunista. Rimasto legato al Pcd’I durante tutti gli anni della dittatura, per questo conosce continue traversie lavorative, tradottesi in infiniti spostamenti, fino al crollo del regime. Benché non più giovane, l’ex ferroviere partecipa alla Resistenza come partigiano del Pci con il nome di battaglia di Oreste Filopanti finendo commissario politico della Brigate Garibaldi nella Val d’Ossola. Militante di provata fede e di indubbie capacità organizzative Filopanti assume l’incarico di responsabile della Commissione epurazione nel governo provvisorio della Repubblica d’Ossola. La sua carriera di piccolo funzionario di provincia lo porta infine, nel 1947, a Torino, senza peraltro scalfirne la voglia d’autonomia e l’indipendenza di giudizio. Colombo infatti, dopo il XX congresso del Pcus e la destalinizzazione, decide di iscriversi alla associazione Italia-Cina per rivendicare in questo modo la sua coerenza rivoluzionaria.Al di là tuttavia della specifica vicenda politica di Colombo, pur non priva di interesse per comprendere il percorso di formazione dei quadri comunisti di estrazione popolare, il volume si segnala soprattutto per le sue scelte metodologiche. Da questo specifico punto di vista Bermani opera una sorta di disvelamento degli strumenti del lavoro storico. La sua narrazione è tutta costruita montando, come in un collage, le singole fonti documentarie, siano esse trascrizioni di interviste allo stesso Colombo o ai suoi familiari, relazioni di comandanti partigiani o articoli di stampa. Limitandosi all’organizzazione ragionata dei diversi materiali e alla loro messa in correlazione, lo storico permette pertanto al lettore di entrare nella sua officina svelandogli le regole del mestiere, tanto più evidenti quanto più ridotte alla loro essenzialità. Da qui la scelta di cancellare completamente l’intervento narrativo ed interpretativo dello storico, mettendo invece in luce la forza nuda della mera documentazione. Questa ultima è utilizzata alla stregua di una sapiente sequenza di brani musicali che, nella loro specifica caratterizzazione, finiscono per snocciolarsi uno dietro l’altro, dando forma ad una sinfonia/ricostruzione generale. Ne scaturisce un ritratto a tutto tondo, in cui la soggettività individuale si intreccia e incontra con la Storia.

Tommaso Baris