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Cesare Paribelli. Un giacobino d’Italia (1763-1847)

Paolo Conte
Milano, Guerini e Associati, 445 pp., € 30,00

Anno di pubblicazione: 2014

Esito della rielaborazione di una tesi di dottorato, il volume presenta sulla scorta di una ampia ricognizione archivistica condotta tra Italia e Francia la traiettoria di Paribelli, già oggetto dell’attenzione di Benedetto Croce. Scopo dell’a. è dimostrare come l’attività democratica e rivoluzionaria di Paribelli non si fosse arrestata alla stagione della Repubblica partenopea, ma fosse bensì proseguita in piena coerenza sotto le istituzioni napoleoniche, nella Restaurazione e fino alla vigilia del Quarantotto.
Soldato del reggimento Esteri nel Regno di Napoli, Paribelli – valtellinese di origine – si trovò a gestire incarichi politici nella Sicilia del riformismo e poi fu vittima di una lunga detenzione nelle carceri borboniche come «giacobino». Fu tra i protagonisti della Repubblica partenopea e poi fu esule in Francia, sempre legato al mondo dei neo-giacobini e sempre animato da istanze democratiche e unitarie. Si rivolse a Napoleone dopo Brumaio, ma i suoi trascorsi di radicale gli costarono un inserimento marginale nell’establishment della Repubblica Italiana prima e del Regno d’Italia poi. Attivo fin da quegli anni nelle società segrete, prese parte alla congiura dei militari del 1814; nel 1821 avrebbe individuato la salvezza della Lombardia nell’alleanza con la Napoli del nonimestre costituzionale. Collocatosi a riposo, fiancheggiò il repubblicanesimo mazziniano e molto probabilmente fece parte di una associazione «sussidiaria» nella quale militavano altri ex giacobini.
Paribelli fu militare e politico, cospiratore e letterato. La ricerca ricostruisce con molto scrupolo le sue diverse e successive attività, informandoci dei contatti con personaggi chiave della democrazia europea quali Marc-Antoine Jullien. Ma soprattutto, Conte ha l’ambizione di offrire il ritratto di una intera generazione, dalle Repubbliche sorelle alle Cinque giornate. Particolarmente riuscito è proprio l’ultimo capitolo, in cui si seguono le vicende di diversi «giacobini» fino al 1848. Così come appare riuscito il «viaggio» lungo l’intera Italia, dalla giovinezza valtellinese all’impegno in Sicilia e a Napoli, fino alla stagione lombarda. Ne derivano una rara rappresentazione della Sicilia «giacobina», una originale narrazione dell’attività cospirativa nelle carceri, una puntigliosa ricostruzione dell’esilio meridionale a Parigi e una disamina a tutto tondo della carriera di un patriota compromesso nei ranghi dello Stato napoleonico. Nonostante le delusioni e le difficoltà, Paribelli guardò sempre alla Francia come la liberatrice dell’Italia e ne seguì l’evoluzione rivoluzionaria. Ciò non gli impedì di ravvisare gli errori e i mali della presenza francese nella penisola. Napoletano di adozione, continuò a vedere nel Meridione la culla della rivoluzione democratica nazionale; adottò la Costituzione di Cadice e si rifiutò di fondare le sue speranze sui Savoia.
Conte ha svolto una buona ricostruzione biografica. Unico appunto: certe citazioni troppo lunghe appesantiscono talvolta il ritmo della narrazione, che per il resto si rivela interessante e circostanziata.

Maria Pia Casalena