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Chiara Giorgi – La previdenza del regime. Storia dell’INPS durante il fascismo – 2004

Chiara Giorgi
Bologna, il Mulino, pp. 356, euro 27,00

Anno di pubblicazione: 2004

L’Istituto nazionale fascista di previdenza sociale nacque nel 1933, subentrando alla Cassa nazionale per le assicurazioni sociali, a sua volta erede della Cassa di previdenza, istituita nel 1898.
L’autrice non si concentra sulla legislazione sociale del regime, ma analizza in maniera originale la gestione economica e organizzativa del nuovo ente. Illuminante è l’esame del peso finanziario dell’INFPS: la forte disponibilità di fondi, data dallo scarto temporale fra raccolta di contributi ed erogazione delle prestazioni fa dell’ente un serbatoio cui il regime cerca di attingere per fronteggiare la crisi e sostenere la finanza pubblica. Questo crea tensioni nella dirigenza dell’Istituto, per il conflitto che si crea fra investimenti a basso reddito, imposti dal regime, e l’esigenza di massimizzare i rendimenti dei contributi incamerati per garantire le future prestazioni.
L’attività dell’INFPS si svolge lungo un margine discrezionale che si manifesta nella gestione delle sedi provinciali, e nella dialettica fra direzione e sedi, studiate attraverso i rapporti dell’Ufficio ispettorato dell’ente. L’oggetto è l’ampiezza delle politiche di ammortizzazione della crisi, condotte prevalentemente con un uso ? a volte molto largo ? delle pensioni di invalidità. Prendendo a campione gli esiti delle attività ispettive svolte sulle sedi di Siena, Genova, Firenze e Napoli l’autrice evidenzia profonde differenze riconducibili tanto alle diverse domande di prestazioni legate ai contesti economici locali, quanto alla capacità delle élites locali di imporre modelli di coesione sociale. Agli occhi degli ispettori è Siena ? come ci si può aspettare ? l’esempio di amministrazione modello, con Napoli a fare da emblema di disorganizzazione e di diffusione di pratiche clientelari tanto nelle assunzioni del personale che nell’erogazione delle prestazioni. Ma problematica risulta anche la gestione genovese, per la pressione proveniente da un tessuto industriale in gravi difficoltà. Le differenze permettono una chiave di lettura che sottolinea le diverse declinazioni dell’egemonia fascista in periferia. Un fascismo che viene penetrato e assunto all’interno di consolidati rapporti fra le élites sociali tradizionali in Toscana, mentre in Campania sembra presentarsi come nuovo veicolo di rapporti clientelari, principale tramite dei rapporti fra popolazione, enti e Stato.
Così l’implementazione della legislazione sociale produce diversi rapporti sociali ed amministrativi pur sotto una comune cifra ideologica che propaganda le conquiste del regime, come concessioni calate dall’alto, nel rispetto di precise distinzioni gerarchiche e di categoria, mettendo la sordina ai ?diritti? dei cittadini. Chiude il volume un capitolo dedicato alla rivista dell’INFPS, di cui si sottolinea, pur nella scontata esaltazione delle conquiste del regime, l’attenzione a tutto campo per le problematiche previdenziali nei principali paesi industrializzati, fino a produrre, in piena guerra, una discussione del piano Beveridge, che seppure volta a demolirne i presupposti, testimoniava una inaspettata capacità di collegarsi al dibattito internazionale.
Un volume ricco, che aggiunge fondamentali conoscenze sul vasto mondo degli enti pubblici creati dal fascismo.

Alessandro Polsi