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Churchill. La vita politica e privata

Martin Gilbert
Milano, Mondadori, 460 pp., € 12,90 (ed. or. New York 1991, traduzione di Davide Panzieri)

Anno di pubblicazione: 2014

Il cinquantenario della morte di Winston Churchill ha risvegliato l’interesse sul personaggio
e le case editrici hanno assecondato il desiderio di un vasto pubblico di saperne
di più di un uomo che ha attraversato la storia del mondo dalla fine dell’800 all’epoca
della guerra fredda. Così la Mondadori ha ripubblicato, cambiando solo la copertina, un
lavoro del principale biografo di Churchill, apparso nel 1991 in Gran Bretagna e tradotto
in italiano l’anno seguente. Gilbert (1936-2015) è stato il biografo ufficiale di Churchill
e aveva portato a termine la pubblicazione della biografia dello statista britannico iniziata
dal figlio Randolph, scrivendo gli ultimi sei volumi, che coprono il periodo dal 1914 alla
morte di Churchill, e nove volumi (in dodici tomi) di documenti. Gilbert aveva iniziato a
collaborare alla ricostruzione biografica nel 1962 e poi, alla morte di Randolph nel 1968,
aveva assunto in prima persona il lavoro di redazione. Nessuno meglio di lui era quindi
in grado di fornire a un pubblico di specialisti, e non solo, una ampia sintesi della vasta
opera biografica, senza nulla tralasciare: non c’è momento della vita di Churchill, tanto
privata che pubblica, che non sia scandagliato in profondità.
L’a. si è servito dell’archivio personale di Churchill, di quello della moglie Clementine,
delle carte governative depositate ai National Archives e di numerosi archivi privati. È
un vero peccato che in questa sintesi non siano però citati i riferimenti archivistici e neppure
vi sia una nota bibliografica conclusiva. Chi volesse maggiori particolari dovrebbe
perciò fare riferimento alla grande biografia in otto volumi e ai relativi diciassette volumi
di documenti pubblicati tra il 1966 e il 1988 di cui si è detto sopra. La sintesi resta comunque
di altissimo livello e la personalità di Churchill, illustrata dalla nascita alla morte,
emerge chiaramente, con i suoi pregi e i suoi difetti.
Si trattava di un uomo di rara tenacia, capace di risorgere dopo sconfitte politiche
pesanti, come l’aver perso le elezioni del 1945, proprio all’indomani dall’aver condotto
il paese alla vittoria contro la Germania nazista. Come altre volte, la delusione non lo
abbatté e quando qualcuno gli parlò dell’«ingratitudine» degli inglesi, ribatté: «Non la
chiamerei così. Hanno vissuto un periodo molto difficile» (p. 406). Poco dopo, nel 1951,
era di nuovo primo ministro. Analogamente era avvenuto dopo la disastrosa impresa di
Gallipoli al tempo della prima guerra mondiale. Costretto a dimettersi da Primo Lord
dell’Ammiragliato nel 1915, due anni dopo tornò al governo come ministro per gli Approvvigionamenti
militari. Trattandosi della ripubblicazione di un volume già apparso nel
1992, a sua volta basato su ricerche precedenti, sarebbe inutile cercarvi novità interpretative.
Tuttavia sarebbe stata forse l’occasione giusta per eliminare alcune imprecisioni nella
traduzione, come quel termine «Lega delle Nazioni» invece di «Società delle Nazioni», che
stride in un libro serio e documentato come questo.

 Alfredo Canavero