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Clara Camplani – Agli albori della nuova Algeria: il processo storico culturale – 2005

Clara Camplani
Roma, Bulzoni, pp. 126, euro 12,00

Anno di pubblicazione: 2005

Questo studio ha il pregio di porre l’attenzione su un paese che è stato spesso trascurato dalla storiografia italiana. Nei primi capitoli Camplani ricostruisce sinteticamente la storia dell’Algeria partendo dal ruolo destabilizzante svolto dalla colonizzazione sugli assetti sociali precedenti. Già a partire dal 1840, infatti, la Francia attuò una politica volta a espropriare le terre migliori e la situazione non mutò nel corso del ‘900 con l’arrivo di nuovi coloni. L’effetto di questo processo fu deleterio: gli arabi furono costretti a ripiegare verso Sud, a passare al nomadismo o a trasferirsi nelle città dove lavorarono a basso costo per i coloni. Il libro sottolinea poi il grande valore morale e politico della guerra di liberazione nazionale, accostandosi in questo alla visione più diffusa tra la storiografia algerina, mentre respinge nettamente un’opinione presente in Francia secondo cui il colonialismo portò, nonostante alcuni limiti, la civiltà repubblicana in tutti i paesi d’Oltremare. Gli ultimi capitoli, che offrono un’indagine sulla pesante eredità lasciata dal colonialismo nel campo dell’istruzione, costituiscono la parte più innovativa. A partire dalla metà degli anni ’60 e per tutti gli anni ’70, i governi guidati da Boumediène e Chadli Benjedid tentarono di promuovere una politica di sviluppo economico e sociale attraverso la ricostruzione di un’identità nazionale fondata sull’eredità ?arabo-islamica?, proponendosi di riorganizzare l’istruzione pubblica al fine di garantire un’educazione di base a tutta la popolazione e di diffondere lo studio della lingua araba. Le difficoltà riscontrate non furono poche. Incombeva, in primo luogo, la distruzione sistematica di ogni centro di istruzione arabo, specie della scuola, dei suoi insegnanti, della sua lingua e della sua cultura; l’imposizione della lingua francese, d’altro canto, era uno dei modi con cui fu attuata la discriminazione. Il biculturalismo, inoltre, entrò in conflitto con i valori dell’arabità e della religione musulmana, assurti a elementi caratterizzanti dell’identità nazionale. A sua volta, l’arabizzazione provocò l’insorgere dei berberi, che rivendicavano il rispetto della propria cultura e della propria lingua, riconosciute solo nel 1996.
A partire dagli anni ’80 la diffusione dell’istruzione fu foriera di nuove contraddizioni, che aprirono la via al fondamentalismo islamico. Le sue componenti radicali si sono diffuse principalmente tra gli studenti frustrati nelle loro aspettative di promozione sociale. A questo proposito l’autrice muove alcune critiche al gruppo dirigente del FLN, le cui politiche hanno spesso assecondato comportamenti tipici dei fondamentalisti, nel tentativo di mantenere il controllo sulla società. Il libro, tuttavia, pur nei suoi pregi, difetta nello sviscerare approfonditamente il processo di involuzione del FLN, nel cui seno si sono spesso confrontati interessi sociali opposti e in cui hanno finito col prevalere i gruppi legati alle grandi potenze che tendono a mantenere in Algeria una decisa influenza di ordine economico e politico, contribuendo così ad alimentare l’odio fondamentalista.

Mukendi Ngandu