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Claude Bernard e la nascita della biomedicina

Fiorenzo Conti
Milano, Cortina, 172 pp., € 19,00

Anno di pubblicazione: 2013

A differenza di quanto accaduto all’altro, grande nome della medicina francese, Louis Pasteur (1822-1895), le ricostruzioni dedicate a Claude Bernard (1813-1878) hanno privilegiato molto più la dimensione filosofica ed epistemologica rispetto a quella strettamente medico-scientifica. Dalla lezione di Henri Bergson del 1913, che riuscì addirittura a presentare in chiave antipositivistica la visione bernardiana della controversia tra materialismo e vitalismo, fino alle sferzanti critiche di Georges Canguilhem del 1965, i filosofi hanno presidiato la costruzione (e, in alcuni casi, de-costruzione) del mito di Bernard. Anche i biologi e i medici non sono stati da meno. I primi si sono appropriati della figura di Bernard, facendone il creatore della fisiologia come disciplina autonoma rispetto alla medicina, i secondi lo hanno rappresentato come il fondatore della «medicina sperimentale». Ma entrambi lo hanno sempre celebrato come il Descartes delle scienze della vita, l’inventore di una medicina fondata sul metodo scientifico. Anche l’«industria» storiografica bernardiana ha subito l’influenza di queste politiche della memoria, finendo per separare paradossalmente i contributi filosofici di Bernard da quelli propriamente scientifici.
Pubblicato in occasione del centenario della nascita del fisiologo francese, questo agile volume, incentrato soprattutto sui contributi epistemologici, appare in linea con questa ormai secolare tradizione memoriale e storiografica. Dopo i profondi scavi archivistici di Mirko Grmek e di Frederic L. Holmes, che risalgono entrambi alla metà degli anni ’70, era impensabile attendersi un contributo storiografico particolarmente originale sulla figura di Bernard. Né questo era del resto l’intento di Conti, il quale, fin dalle pagine introduttive, dichiara di voler destinare il suo contributo a un pubblico di non addetti ai lavori.
Attento alla dimensione strettamente biografica e all’impatto culturale dell’opera di Bernard attraverso la riflessione letteraria di Zola e Dostoevskij, l’autore dedica le pagine più dense del suo saggio alla presentazione del capolavoro del 1865, l’Introduction à l’étude de la médecine expérimentale. La lettura del Bernard epistemologo giustifica ampiamente la scelta del titolo del libro: il razionalismo sperimentale basato sullo schema osservazione-ipotesi-esperimento rappresenta infatti uno snodo fondamentale nella storia delle scienze biomediche. E l’a., professore ordinario di fisiologia, ha buon gioco nel dimostrare la costante attualità del contributo bernardiano. Per contro, al fine di evitare i rischi di un anacronismo retrospettivo che a tratti emergono nel volume, uno sforzo maggiore di contestualizzazione storiografica sarebbe stato forse necessario. L’Introduction sviluppa infatti un discorso polemico, finalizzato a sconfiggere un avversario e a fondare una nuova disciplina. Ciò che Bernard dice, dunque, e in particolare la sua rappresentazione di un’applicazione lineare della ricerca di laboratorio alla pratica ospedaliera, non corrisponde esattamente a come egli operava nella realtà, portando invece in laboratorio le pratiche e le conoscenze acquisite nella clinica.

Francesco Cassata