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Claudia De Marco – Il mito degli alpini, introduzione di Mario Isnenghi – 2004

Claudia De Marco
Udine, Gaspari, pp. 200, euro 15,00

Anno di pubblicazione: 2004

Le ricerche su temi inerenti alla creazione dei miti guerrieri e delle comunità immaginate createsi attorno ad essi non hanno mai avuto molta fortuna nel panorama degli studi italiani. Indagini sul folklore marziale (come quelle proposte da Jakob Vogel per Francia e Germania) o sulle mobilitazioni culturali di guerra stentano a trovare una vera e propria sistemazione e ad essere accettate come parte integrante (se non come il filone più promettente) della storia militare, con ciò segnando un ulteriore ritardo rispetto all’importante produzione su questi temi in Francia e nel mondo anglosassone.
Con il suo volume su Il mito degli alpini, Claudia De Marco contribuisce ad aprire la strada alle ricerche su questi temi. Agile analisi della genesi e degli itinerari del mito degli alpini dalla fondazione del corpo al primo dopoguerra, il volume si presenta come un buon esempio dei risultati stimolanti, sotto il profilo della creazione di forti identità collettive, che si possono utilizzare applicando alle istituzioni militari griglie concettuali desunte dagli studi di Benedict Anderson, Eric Hobsbawm e Maurice Halbwachs. Lasciando sullo sfondo gli eventi bellici, se non nella misura della loro reinterpretazione in chiave mitica, Claudia De Marco ricostruisce il processo di collazione dei materiali retorici che, attraverso un percorso di alcuni decenni, dalla guerre coloniali alla Grande Guerra, conia il mito alpino. Aspetto del tutto eccezionale nel panorama non facile dei rapporti esercito-società in Italia, il modello alpino costruisce il proprio successo non tanto (o non solo) attorno a brillanti fatti d’arme, o alla fortunata trasposizione in dimensione leggendaria delle sconfitte (come Adua) secondo la formula della ?giornata sfortunata ma gloriosa?. Piuttosto, come sottolinea già Mario Isnenghi in sede di introduzione, è la riuscita omogeneità dei propri contenuti eroici rispetto alla comunità d’origine a fare la fortuna del mito degli alpini, quell’insieme di ?note basse e popolaresche che contraddistinguono il modello e lo rendono più comunicativo? (p. 15) senza sminuirne l’alone di valore guerriero. L’epos alpino trova la sua cristallizzazione, se non la sua fondazione, negli avvenimenti della prima guerra mondiale, allorché le pratiche discorsive alimentate da codici retorici ormai ben definiti (solo per citarne alcune: il legame intimo e profondo tra battaglione-famiglia-piccola patria, la montagna come luogo di selezione del ?popolo sano?, l’alpino come prototipo del popolo dabbene, socialmente integro e politicamente affidabile) alimentano comunità immaginate ampiamente diffuse e popolari, in grado di giungere, pressoché intatte, fino ai nostri giorni. Lavoro per molti versi pionieristico, Il mito degli alpini ha senza dubbio il pregio di ricorrere a fonti poliedriche, dai monumenti ai caduti alla stampa, alla memorialistica, anche se sono da rilevare alcune inesattezze, alcune ingenuità e alcune interpretazioni perlomeno forzate nei dettagli. Inoltre, pur ancora limitati nel numero, alcuni studi di storia militare apparsi negli ultimi anni avrebbero potuto essere utilizzati senza dubbio con profitto, rafforzando lo spessore di un’opera che conserva in ogni caso il suo valore di originalità.

Marco Mondini