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Claudia Pancino, Jean d’Yvoire – Formato nel segreto. Nascituri e feti fra immagini e immaginario dal XVI al XXI secolo – 2006

Claudia Pancino, Jean d’Yvoire
Roma, Carocci, 189 pp., euro 16,50

Anno di pubblicazione: 2006

«Disegnatori e incisori, anatomisti e medici, filosofi e dotti, e poi biologi e studiosi di embriologia, dall’inizio dell’Età moderna, ma con casi esemplari già nel Medioevo, si sono dedicati a rappresentare la vita prima della nascita, a produrre immagini di feti» (p. 11). La storia ripercorsa da Claudia Pancino e Jean d’Yvoire in questo volume è quella della rappresentazione dei feti che dal segreto del ventre materno vengono progressivamente disvelati attraverso la raffigurazione e il disegno, fino a giungere ai sofisticati strumenti della diagnostica medica odierna. La trasformazione delle illustrazioni del nascituro a partire dalla fantasia e dall’approssimazione fino alla «verosimiglianza» e alla riproduzione fedele della realtà è narrata attraverso un ricchissimo apparato iconografico che va dai «piccoli uomini» dei codici medioevali, alle incisioni cinquecentesche in cui «bambini» si librano dentro uteri simili ad ampolle capovolte, dai rosei feti in ceroplastica delle scuole di ostetricia settecentesche, ai recenti fumetti statunitensi fino alle attuali ecografie. Senza dimenticare di esplicitare la scomparsa progressiva del contesto materno soprattutto nell’illustrazione scientifica a partire dall’Ottocento. Simili fonti iconografiche consentono ai due autori di giungere alla consapevolezza di come la costruzione dell’immagine sociale del feto sia un prodotto storico e culturale. Pancino e d’Yvoire, che lucidamente considerano anche le molteplici denominazioni del feto, si propongono (riuscendoci) di offrire «strumenti, informazioni, riflessioni» a supporto dell’attuale dibattito. Un dibattito che, di fatto, merita di essere inserito nel lungo ed articolato processo storico durante il quale intorno al feto si sono moltiplicate curiosità scientifiche ed intellettuali mentre la costruzione di un discorso politico, giuridico, medico e religioso intorno all’intera fase prenatale ha espresso interessi diversi e spesso inconciliabili mentre la donna-gestante passava progressivamente in secondo piano. Il volume si colloca nel prolifico solco tracciato da Barbara Duden con l’individuazione del «corpo femminile come luogo pubblico», ciò nondimeno compie passi ulteriori in molteplici direzioni ? alcune semplicemente accennate ? fornendo spunti di analisi fra i quali uno dei più stimolanti riguarda la volontà di retrodatare la personalità (anche giuridica), l’individualità, la vita autonoma dalla madre alla fase prenatale e le relative implicazioni nell’aggiornamento della storia dei complessi intrecci, delle molte e profonde istanze che sottendono ai processi di negoziazione delle identità.

Alessandra Gissi