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Claudio Palazzolo – Dal Fabianesimo al Neofabianesimo. Itinerario di storia della cultura socialista britannica – 1999

Claudio Palazzolo
Giappichelli, Torino

Anno di pubblicazione: 1999

Questo libro di Claudio Palazzolo, a cui si devono anche importanti ricerche su T. H. Green e Laski, ripercorre nei modi di una sintesi interpretativa le tappe più significative del pensiero fabiano, dai Fabian Essays in Socialism del 1889 sino ai New Fabian Essays pubblicati nel 1952 all’indomani della fine del primo governo laburista di maggioranza. Dopo una prima parte dedicata a una articolata lettura dei Fabian Essays (di cui sottolinea il valore fondativo), il saggio di Palazzolo riserva i suoi capitoli centrali al confronto tra socialismo fabiano e ghildismo, un confronto che trovò le sue manifestazioni più significative nel primo anteguerra per continuare poi per tutto il secondo decennio del secolo. Il più autorevole teorico del ghildismo, G.D.H. Cole, proveniva dalla Società fabiana, a cui si sarebbe riavvicinato sin dagli anni venti senza bisogno di particolari abiure. È un fatto questo di cui Palazzolo coglie tutte le implicazioni, chiedendosi acutamente se il ghildismo non possa essere considerato come “un caso di revisionismo fabiano” (p. 129). Porre un simile quesito nulla toglie alla radicalità della contrapposizione tra il mainstream fabiano e l’esperienza ghildista, soprattutto quando del ghildismo si considerino le contiguità rispetto al sindacalismo rivoluzionario o, su un altro piano, le sue radici nel pluralismo. Non si può certo negare che esista un paradigma fabiano per così dire classico (con i suoi ben noti ingredienti: un collettivismo dalle forti venature stataliste e burocratiche, oltre naturalmente al gradualismo), ma è anche vero che la tradizione fabiana ha espresso nel tempo il suo più forte elemento di continuità nella capacità di porsi come una casa comune di quella parte dei socialisti britannici convinti della importanza prioritaria di “una general dissemination di conoscenze, di idee e di propositi socialisti” (p. 41).
A proposito di questa “general dissemination”, la nota tesi di A. MacBriar per cui l’influenza della Fabian Society altro non fu che un mito costruito dagli stessi fabiani, non sembra capace di spiegare vicende quali la nascita della London School of Economics (fondata dai Webb ed esplicitamente rivolta a formare élites esperte di uno Stato tendenzialmente collettivista) o, in un altro contesto, il ruolo avuto da Sidney Webb nella ridefinizione dell’ideologia e del programma laburisti nel primo dopoguerra. E se il lavoro di Palazzolo offre materiali importanti per una discusssione delle idee fabiane, una storia che integri la genesi e la ricostruzione di queste idee con una considerazione di lungo periodo della loro “general dissemination” deve essere ancora scritta.

Luciano Marrocu