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Clemens Zimmermann – Medien im Nationalsozialismus. Deutschland, Italien und Spanien in den 1930er und 1940er Jahren – 2007

Clemens Zimmermann
Wien-Köln-Weimar, Böhlau Verlag, 316 pp., s.i.p.

Anno di pubblicazione: 2007

L’intento dell’a. è immediatamente dichiarato nella lunga introduzione preposta al volume: analizzare in termini comparati «le caratteristiche del sistema culturale e dei media» (p. 43) messo a punto da tre regimi dittatoriali fascisti: il nazista, quello italiano e il franchista. La tesi di fondo è quella della modernizzazione coercitiva e totalitaria comune ai tre sistemi politici, pur distinguendo le diverse vie da loro percorse. In questo contesto, Zimmermann non nutre nessun dubbio che il nazismo abbia costituito l’esempio più forte e completo di trasformazione e di utilizzo dei media nella sua politica totalitaria, che il fascismo italiano non sia riuscito completamente in tale intento, mantenendo compromessi e spazi di minore contaminazione ideologica, e che il franchismo non si sia completamente riscattato dalla cultura più tradizionale e reazionaria della quale era il prodotto. Gli ampi capitoli centrali affrontano ciascuno i principali settori d’intervento dei regimi: editoria e biblioteche, stampa e giornalismo, radiodiffusione e cinematografia. Essi sono essenzialmente descrittivi: affrontano l’argomento paese per paese (sempre prima il Terzo Reich, seguito dall’Italia fascista e dalla Spagna) per poi aggiungere un breve paragrafo di sintesi e di comparazione tra i tre casi.Questo libro conferma tutti i pregi ed anche tutti i limiti di molti lavori comparati. È particolarmente utile per i lettori di lingua tedesca perché li introduce ad una letteratura sul tema consultata dall’a. in lingua straniera. Occorre riconoscere la correttezza delle letture prese in esame da Zimmermann per il caso italiano: le principali opere sono state affrontate e segnalate; analogamente si può dire per il caso spagnolo. I limiti però sono nella comparazione. Innanzitutto, se si parte dalla tesi che il caso tedesco rappresenta il modello al quale attenersi e confrontarsi, si perdono di vista le specificità degli altri due casi presi in esame: essi non sono incompleti, sono semplicemente diversi, in un contesto culturale, di sviluppo tecnologico, di mercato editoriale e cinematografico, di risorse finanziarie, di politiche di propaganda molto diversificate tra loro. Secondo limite, la cronologia. L’apparato mediatico e propagandistico del regime franchista (studiato dall’a. sino al 1951) viene messo in piedi quando oramai gli altri due regimi si avviavano verso la fine; le condizioni culturali, economiche e morali della Spagna erano tutt’altro che idonee alla immediata creazione di un consenso, piuttosto favorevoli alla repressione. L’a. è costretto ad intrecciare la storia dei media sotto la Seconda Repubblica e le vicende della reazione ad essi condotta dal governo militare nazionalista. Avrebbe potuto invece leggere meglio, trattandosi di un lavoro che tende al confronto, l’intervento diretto ed indiretto che i regimi nazista e fascista condussero non solo con le armi ma anche con i media nella guerra civile spagnola e nei primi anni del franchismo.

Patrizia Dogliani