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Col regolo nel taschino. Il Politecnico di Milano e la professione dell’ingegnere (1863-1960)

Emanuele Edallo

Anno di pubblicazione:

Da vari anni, anche nel nostro paese, la storia delle professioni può dirsi un terreno
di vivace dibattito. Entrano in questo campo studi che analizzano l’ascesa e il riconoscimento
sociale, il ruolo operativo giocato nel mondo economico, il rapporto con gli
istituti formativi e con le università, la sfera valoriale (e l’orientamento politico) delle varie
famiglie professionali. E così, all’interno di una narrazione storica ottocentesca e novecentesca,
che parlava di grandi statisti, di imprenditori, di agrari, ma anche di classe operaia
e di contadini, hanno via via trovato spazio i ragionieri, i periti industriali, i medici, gli
avvocati e gli ingegneri.
Proprio di questi ultimi si occupa il volume di Emanuele Edallo, rielaborazione
della sua tesi di dottorato, discussa nel 2012 presso l’Università di Milano. Si tratta di una
ricerca che prende in considerazione il caso milanese nel più ampio quadro nazionale, e
che sfrutta una ricca documentazione in larga parte inedita, conservata presso l’Archivio
dell’Ordine degli ingegneri della provincia di Milano, e soprattutto nell’Archivio generale
d’Ateneo del Politecnico di Milano. In aggiunta a ciò, Edallo ha consultato alcuni archivi
minori e un cospicuo volume di riviste specializzate, principalmente della prima metà del
XX secolo.
La ricerca riesce così ad affrescare la nascita della professione di ingegnere nel nostro
paese, in concomitanza con la maturazione della rivoluzione industriale, e a seguirne
l’evoluzione precipua, a partire dall’osservazione di un caso di studio privilegiato come
quello milanese. È soprattutto il rapporto pubblico-privato a interessare Edallo, e cioè il
definirsi di un sistema di regole e di consuetudini attorno a una libera professione legata a
filo doppio con le istituzioni; basti pensare alla nascita nel 1863 del Regio istituto tecnico
superiore di Milano (poi Politecnico).
La dimensione associazionistica – in particolare il Collegio e l’Ordine degli ingegneri
– pure si è rapportata biunivocamente sia con la sfera privata (imprenditori, clienti, ecc.),
che con quella pubblica (le amministrazioni locali, il governo, gli atenei) a ribadire la funzione
istituzionale di una professione liberale. Edallo ricostruisce con competenza e chiarezza
questo snodo cruciale, nella consapevolezza che gli ingegneri hanno rappresentato
sia una potente forza di modernizzazione del paese, in chiave di progresso tecnico-scientifico,
ma anche un ceto sociale che ha variegato la compagine elitaria alto-borghese.
Il volume, splendidamente confezionato da un editore giovane ma di qualità come
Biblion, è impreziosito da una selezionata appendice documentaria, che merita di essere
letta perché consente di immergersi pienamente nelle atmosfere evocate nel corso dei
capitoli precedenti. In sintesi, è un libro che aggiorna e arricchisce il dibattito richiamato
in apertura di recensione.

 Tito Menzani