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Cristiana Facchini – David Castelli. Ebraismo e scienze delle religioni tra Otto e Novecento – 2005

Cristiana Facchini
Brescia, Morcelliana pp. 344, euro 26,00

Anno di pubblicazione: 2005

Facchini ci offre una dettagliata biografia intellettuale di David Castelli, ebreo ed ebraista, nato a Livorno nel 1836 e morto a Firenze nel 1901, ma anche qualcosa di più. Si tratta infatti di un lavoro intelligente e originale, che finalmente comincia a sondare la storia del secondo Ottocento ebraico-italiano con un’attenzione alle questioni poste dalla storia della cultura e delle religioni, fino a oggi trascurate dagli studi, e a mio parere cruciali per la comprensione delle dinamiche di integrazione della minoranza nella compagine nazionale. Il problema è il tentativo di ridefinizione dell’appartenenza ebraica, che seguì dopo l’emancipazione di metà Ottocento vie tortuose e molto differenziate, e allo stesso tempo la sua conciliazione con l’appartenenza alla nazione e alla tradizione nazionale italiana, in un contesto segnato dalla generale diffusione di una fede positivistica nel costante progresso dell’umanità verso più alte vette di conoscenza e di moralità. Come sottolinea l’autrice nell’introduzione, in ?quel progetto esistenziale e culturale, e nelle sue varianti nazionali europee e statunitensi, si inscrive l’esperienza intellettuale di molti ebrei, alcuni dei quali anche studiosi di ebraismo e di storia ebraica, che tentarono di dare vita a una nuova religione universale, in cui la tradizione dei padri potesse diventare elemento propulsore di una società nuova e ?rigenerata’ dalla emancipazione civile? (p. 18).
Ogni capitolo affronta ? con il sostegno della solida formazione ebraistica di Facchini, e di ampi riferimenti alla bibliografia internazionale ? una o più opere di Castelli, toccando temi di grande interesse, quali le interpretazioni del messianismo, l’importanza attribuita al profetismo, le letture delle origini del cristianesimo e del rapporto fra quest’ultimo e l’ebraismo, lo stentato e tardivo sviluppo di un filone di critica biblica in Italia, le caratteristiche dell’orientalistica universitaria, le componenti della tradizione nazionale italiana, la ricerca di uno spazio intellettuale laico in un’epoca segnata da un orizzonte di natura religiosa.
In questi due ultimi settori mi pare che, nonostante l’alto livello della ricerca dal punto di vista analitico e interpretativo, manchino elementi che avrebbero ulteriormente arricchito il lavoro. L’autrice presenta Castelli come il rappresentante di un ebraismo laico, parte di uno spazio laico nella cultura ottocentesca: sarebbe stato interessante analizzare più in profondità il significato della nozione di ?laico? e di ?laicità? in quel contesto culturale e politico, e in particolare nel contesto ebraico. Per quanto riguarda l’idea di nazione italiana e la definizione di una tradizione nazionale, in cui Castelli si inserisce con il suo progetto culturale, a me sembra imprescindibile un confronto critico con gli sviluppi della storiografia recente sui nazionalismi, che l’autrice cita senza discuterli. Spero che questo bel libro stimoli lo sviluppo di studi sugli scambi fra maggioranza e minoranza sul piano culturale, all’interno del quale la riflessione sul religioso e sulle religioni occupa un posto di primaria importanza.

Carlotta Ferrara degli Uberti