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Cristina Accornero e Elena Dellapiana – Il Regio Museo Industriale di Torino tra scienze sociali e diffusione del buon gusto – 2001

Cristina Accornero e Elena Dellapiana
Torino, Crisis, pp. 181, s.i.p.

Anno di pubblicazione: 2001

I due saggi contenuti nel volume sono incentrati su una fase particolare della storia otto-novecentesca dell’ingegneria: quella nella quale alla preparazione tecnica si legò concretamente un forte impegno sociale e ideologico. Protagonista è quindi l’?ingegnere sociale?, fautore del nation building e di programmi di riforma negli anni del decollo industriale. I saggi di Accornero e Dellapiana analizzano l’elaborazione teorica e l’operato di questa figura nella Torino a cavallo tra i due secoli, le cui élites furono attive nella traduzione in senso industrialista dei valori sociali attinti parimenti dallo spirito risorgimentale e dal positivismo contemporaneo.
Il contributo di Accornero (pp. 1-93) mira a dare la giusta collocazione alla vicenda del Museo Industriale nell’ambito del complesso dibattito che a Torino coinvolse borghesia, amministratori, artisti e tecnici. A tal fine, è utile ricordare che le origini del Museo furono strettamente intrecciate all’Accademia di Belle Arti, e che suo scopo primario era quello di offrire alle classi lavoratrici e agli studenti un’immagine razionale e di ?buon gusto? della società industriale, lontana dagli spettri generati da altre esperienze europee. Vengono quindi ricostruiti il dibattito sulla formazione dell’ingegnere industriale e ?sociale?, che a Torino ebbe tra i maggiori protagonisti Cognetti, Loria, Magrini, Frola: i primi protagonisti della vita del Museo Industriale. Oltre che ripercorrere l’iter amministrativo e didattico del Museo, Accornero si sofferma sulle diverse proposte di riforma dell’istruzione tecnica e del loro forte riferimento al mondo tedesco.
Dellapiana affronta invece il tema più specifico dell’?arte per tutti?, ossia delle motivazioni pratiche e dottrinali che ad inizio Novecento contribuirono alla diffusione del disegno in quasi tutti gli istituti di istruzione. Altro importante aspetto del nation building di matrice industrialista e positivista, non meno denso comunque di autoctone reminiscenze, la vicenda legislativa dei corsi di disegno negli istituti piemontesi e liguri viene seguita da Dellapiana dalla Restaurazione all’età aurea dell’arte applicata all’industria e dell’?ornamento industriale? appreso particolarmente dal mondo austriaco (p. 145). Di nuovo, Museo Industriale e Accademia di Belle Arti partecipano organicamente al medesimo progetto: a Torino come a Genova, seppur con diverse soluzioni, la formazione dell’artista si volge al mondo industriale, mentre l’ingegnere industriale segue corsi di disegno artistico prima di affrontare più specialistiche discipline.
Come ricordano le due autrici in chiusura dei saggi, quello da loro studiato è un periodo singolare e fecondo di interessi in diversi ambiti disciplinari. Si trattò tuttavia di un’età progettuale priva di durature realizzazioni. Nel pieno Novecento, le strade dell’ingegneria, della politica del lavoro e della scienza sociale si separano: inizia una fase di più stretta specializzazione e la figura dell’?ingegnere sociale?, assieme alle funzioni originarie del già glorioso Museo Industriale, lasciano il posto a figure e percorsi più rigidi, all’assorbimento del tecnico nel mondo e nella logica dell’impresa. Nel contempo, il progetto del ?disegno per tutti? si arena nell’inattuazione dei valori che ne erano all’origine, declinando in una diffusa quanto sterile collocazione tra le materie di studio.

Maria Pia Casalena