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Cristina Cassina – Il bonapartismo o la falsa eccezione. Napoleone III, i francesi e la tradizione illiberale – 2001

Cristina Cassina
Roma, Carocci, pp. 191, euro 16,53

Anno di pubblicazione: 2001

A dispetto della mole relativa che ha costretto l’autrice a qualche sintesi di troppo, il libro tocca nodi cruciali nella storia contemporanea francese ed europea. Cassina aveva già dato prova di competenza sulle ideologie d’oltralpe del secolo XIX (del 1996 è Idee, stampa e reazione nella Francia del primo Ottocento). Qui mostra maggiore finezza interpretativa nel dipanare viluppi plurimi e controversi nella parabola di Luigi Napoleone: il bonapartismo crocevia tra ciclo ?illiberale? della storia di Francia e recupero/rielaborazione della tradizione rivoluzionaria; la centralità del 1848 tra ?suffragio universale?, peso dei notabili orleanisti e contrastanti forze levatrici dell’esperienza imperiale; l’equivoco cesarismo, con commistioni scottanti tra adesione popolare e fête impériale, legittimazione plebiscitaria e autoritarismo. Nel tentativo di sciogliere simili intrecci, l’autrice convince utilizzando tre ottiche interpretative interdipendenti: la figura del Napoléon le petit, la società francese dalla Rivoluzione a Sédan, la ?tradizione illiberale? in cui si inserì la griglia politico-ideologica post-1848. Benché il saggio rifugga dall’essere una biografia di Luigi Napoleone, l’uomo è preponderante. Così il peso degli apparati ideologici pregressi nella storia di Francia e della ?leggenda napoleonica? (un lavoro fondamentale, quello di Battini sull’Ordine della gerarchia e le crisi della democrazia, è citato una sola volta alla fine del volume), come pure i mutamenti sociali dopo il ’48 o la politicizzazione delle province rurali, o il ruolo decisivo della violenza repressiva dopo il colpo di Stato del 1851, avrebbero forse meritato approfondimenti per spiegare meglio la capacità di presa del potere napoleonico e i suoi tentativi di espletare ?riforme impossibili? nell’estrema fase dell’Empire libéral, ma anche il fatto che a determinarne la caduta, al di là della crisi del sistema, fosse in realtà un evento bellico. Un potere che, piegando in deriva plebiscitaria le forme della democrazia repubblicana, aveva agito in coerenza con le idee di Napoleone III, che prima di inserirsi nella svolta rivoluzionaria di metà secolo aveva compreso come la legittimazione popolare fosse ormai imprescindibile. Nel 1842 era andato oltre, scrivendo che ?la causa napoleonica va all’anima; essa commuove, risveglia ricordi palpitanti ed è sempre con il cuore che si smuovono le masse? (p. 64). L’appell au peuple, dunque, corto circuito diretto tra capo e folla, faceva leva sull’emotività collettiva e conviveva con la capacità/aspirazione bonapartista di ?governare il mutamento? nella società francese e di porsi quale perno dell’unità nazionale al di sopra delle fazioni. Colui che Thiers aveva bollato con l’epiteto di ?cretin?, esce invece da questo bel libro come figura complessa. Il suo bonapartismo non fu un’?eccezione? nella storia di Francia, bensì congiunzione di spinte contrastanti che testimoniano quanto poco lineare fosse il cammino del mondo nato dalla grande Rivoluzione.

Enzo Fimiani