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Cuccia e il segreto di Mediobanca

Giorgio La Malfa
Milano, Feltrinelli, 313 pp., € 17,00

Anno di pubblicazione: 2014

Il volume è un interessante ibrido in cui i generi si sovrappongono e si confondono: libro di memorie, ricostruzione storica, storia «intima» della «creatura» di Cuccia, Mediobanca. Di questa e della personalità di Cuccia il libro è anche, in un’accezione al grado zero, distesa apologia, dichiarata come tale dall’a. nel gioco di ricostruzioni e spiegazioni delle ragioni che motivarono gli uomini e le scelte dell’istituto.
L’inedita documentazione d’archivio e personale – messa a disposizione dalla famiglia – consente di precisare la formazione di Cuccia definendo più chiaramente passaggi importanti della storia di Mediobanca, il cui segreto e i cui misteri sono ricondotti alle funzioni assegnate all’istituto nel sistema finanziario italiano postbellico.
Il libro si pone così in linea con gli studi che nell’ultimo decennio hanno mirato a decostruire le mitologie che hanno reso arduo comprendere funzioni e limiti di Mediobanca. I miti stratificatisi dipendono essenzialmente dalla collocazione dell’istituto lungo tre faglie di scorrimento della storia economica (e non solo) dell’Italia postbellica: 1) la prima è costituita dagli attriti che possono generarsi, in linea di massima per inefficienze regolamentari o comportamentali, tra imprese e intermediari finanziari (e in questa si trovano i punti di contrasto tra impresa pubblica e impresa privata); 2) la seconda si riconosce nella dimensione politica che permeò, e forse ancora permea, il sistema bancario italiano, complicandosi peraltro per la distinzione tra le componenti confessionali e laiche presenti nel sistema; 3) la terza è costituita dalla dinamica evolutiva che ha modificato i principi su cui il sistema finanziario italiano si era retto tra la metà degli anni ’30 e la fine degli anni ’80 del ’900: qui si è prodotta la trasformazione sostanziale di Mediobanca durante gli anni ’90, e la progressiva «normalizzazione».
Nei toni peculiari del volume, l’a. presenta la storia di Mediobanca come la storia dell’eccezionale interprete – Cuccia – di uno spartito – l’ordinamento del credito – che non poteva che essere scritto da altri, secondo una logica sistemica nella quale l’istituto doveva trovare la propria collocazione. Le scelte e i risultati di Mediobanca non potevano però che dipendere dalle regole autonomamente date a quella «casa», dalle competenze e dalle professionalità acquisite e affinate, dalle più generali capacità di interpretazione dello spartito. È questo probabilmente un modo corretto per demitizzare Cuccia e Mediobanca, su cui si sono posati strati diversi di giudizi e visioni nati da interessi e preferenze di deuteragonisti e antagonisti più che da valutazioni fondate su analisi rigorose. Demitizzare significa sostituire le idées reçues con l’analisi, con i dati e i fatti per come essi si possono accertare e definire in chiave rankiana. E, in tal senso, il libro, una storia partecipata, non foss’altro per l’esperienza personale e i legami famigliari dell’a., si configura come un tentativo di narrare e comprendere l’isomorfismo di Mediobanca e del capitalismo italiano della seconda metà del ’900.

Giandomenico Piluso