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Dai campi e dalle officine. Il Partito comunista in Piemonte dalla Liberazione al “sorpasso”,

Cecilia Bergaglio
Torino, Edizioni SEB27, 198 pp., € 14,00

Anno di pubblicazione: 2013

Il volume, pubblicato su iniziativa degli istituti storici della Resistenza piemontesi, si
compone di tre parti. La prima e la seconda tratteggiano un profilo del Pci regionale attraverso
una analisi comparata dell’andamento del voto, del numero e della composizione
sociale degli iscritti nelle sette federazioni piemontesi (Alessandria, Asti, Biella, Cuneo,
Novara, Torino e Verbania) dal 1946 al 1976. I dati quantitativi, desunti dai documenti
reperiti negli archivi locali e presso l’Istituto Gramsci di Roma, sono stati elaborati combinando
metodo storiografico e approccio sociologico: in particolare, sono stati confrontati
con quelli ricavabili dai censimenti Istat del 1951, del 1961 e del 1971. Ne emerge
un quadro complesso, tutt’altro che monolitico: a territori che presentano caratteristiche
analoghe a quelle delle cosiddette «zone rosse» (il Biellese e l’Alessandrino, per esempio),
con «una sostanziale identificazione tra Partito-elettorato e Partito-organizzazione» (p.
185), se ne alternano altri del tutto assimilabili alle «zone bianche» del Nord-est e della
Lombardia pedemontana, caratterizzate da un distacco molto netto tra numero di elettori
e numero di iscritti (come nel caso delle province di Asti e Cuneo).
In tali variegati contesti il Pci dimostra, nel corso del tempo, una spiccata capacità di
adattamento alle specificità locali, orientando (o riorientando) la sua azione alla peculiare
situazione territoriale. Ciò emerge con particolare evidenza nella terza parte del volume,
dedicata all’approfondimento della realtà cuneese. Qui il Partito comunista si ritrova
minoritario e finanche «marginale», tuttavia riesce a congegnare strumenti e linguaggi
politici in grado di parlare ai piccoli proprietari agricoli e ai coltivatori diretti, categoria
prevalente in provincia e tradizionalmente legata alla Dc. Invece, il Pci piemontese si
presenta statico nella sociografia dei suoi iscritti, che in tutta la Regione restano sostanzialmente
legati in grande maggioranza al mondo operaio e a quello del lavoro agricolo
salariato, anche di fronte ai grandi mutamenti sociali degli anni ’60 e ’70.
Come sottolinea nell’introduzione la stessa autrice, il libro costituisce «un valido
punto di partenza per ulteriori approfondimenti» (p. 19): l’evoluzione delle singole realtà
territoriali, che a volte è delineata in modo disomogeneo e un po’ troppo sommario,
richiede perlustrazioni più dettagliate. Risulta particolarmente convincente l’analisi compiuta
sulla federazione di Cuneo, che prova come il Partito comunista fosse «capace di
dare vita a esperienze originali e individuali sulla base di stimoli e sollecitazioni esterne,
ricavando le risorse necessarie dall’identità culturale di appartenenza e adattandole al contesto
» (p. 194).

Bruno Ziglioli