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Daniel Cherubini – I prigionieri italiani in Unione Sovietica. Tra storiografia e fonti d’archivio – 2006

Daniel Cherubini
Civitavecchia, Prospettivaeditrice, 176 pp., euro 12,00

Anno di pubblicazione: 2006

Il testo si propone di analizzare la vicenda dei prigionieri italiani dell’ARMIR (Armata Italiana in Russia) in Unione Sovietica attraverso l’esame della storiografia esistente e di alcune fonti d’archivio accessibili. Lo scopo dichiarato di Cherubini è quello di «aggiungere un ulteriore contributo alla comprensione della vicenda attraverso l’apporto delle carte diplomatiche ? per larga parte inedite ? dell’Archivio storico-diplomatico italiano del Ministero degli Esteri, dal marzo 1944 (ripresa rapporti diplomatici italo-sovietici) al febbraio 1954 (rimpatrio dall’URSS degli ultimi prigionieri ARMIR) e attraverso il contributo storiografico e memorialistico sull’argomento» (p. 8). Il libro si divide in quattro capitoli che intendono essere l’esposizione dei seguenti argomenti e la dimostrazione di altrettante tesi: 1) la ricostruzione dell’operazione Barbarossa, dell’intervento italiano in URSS, della situazione dell’Unione Sovietica dopo la guerra e dei rapporti italo-sovietici dal marzo 1944 all’aprile 1946; la tesi della conoscenza, da parte del governo italiano, del numero ristretto di prigionieri presenti in URSS e l’esposizione delle ragioni del mantenimento della segretezza su queste informazioni; 2) l’analisi dell’azione diplomatica italiana a Mosca relativamente ai dispersi e prigionieri dell’ARMIR dal 1944 al 1954, con l’indicazione dei limiti dell’intervento diplomatico nelle condizioni politiche e storiche dell’Unione Sovietica e dell’Italia dell’epoca; 3) l’esame delle testimonianze relative all’intera prigionia, il lungo processo di rimpatrio dei prigionieri, la «conoscenza del PCI sulla sorte dei dispersi e la scelta di mantenere il silenzio su di essi» (p. 9); 4) le ragioni che resero impossibile all’URSS la preservazione della vita di gran parte dei prigionieri italiani e il conseguente silenzio sulla loro sorte. Il lavoro di Cherubini, non esente da alcune inesattezze, presenta e riassume risultati già raggiunti o comunque ricavabili dalla storiografia precedente, anche attraverso l’utilizzo delle carte dell’archivio del Ministero degli Affari esteri italiano. In alcuni casi risente di giudizi in parte basati su argomentazioni non fondate o su fonti di memorialistica, in particolare a proposito del comportamento dei militari italiani in URSS, della loro mancata conoscenza sia dei crimini commessi dagli alleati tedeschi, sia delle finalità della guerra e della campagna di Russia. Va inoltre rilevata l’impressione, in alcuni luoghi, di un’eccessiva aderenza ai lavori storiografici pubblicati fino a oggi, assieme a un apparato di note spesso carente, che avrebbe richiesto ben più di una citazione, e alla mancanza di un indice dei nomi. Quanto alle fonti, infine, non si può tacere della totale assenza di documenti provenienti dagli archivi russi (che vengono ricavati dalla storiografia sul tema e quindi di seconda mano).

Tommaso Dell’Era