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Daniela Adorni – L’Italia Crispina. Riforme e repressione. 1887-1896 – 2002

Daniela Adorni
Milano, Sansoni, pp. XIV-397, euro 21,00

Anno di pubblicazione: 2002

Sin dalle prime righe del volume l’autrice chiarisce che con ?età Crispina [?] non si vuole semplicemente indicare il lasso di tempo compreso tra il 1887 e il 1896 ma [?] denotare una stagione fortemente contrassegnata dallo stile e dal metodo di governo del presidente del Consiglio? (p. IX). L’autrice si propone infatti di ?provare a smontare [?] nelle singole e spesso non inventariate componenti? il progetto crispino ?di imporre dall’alto non solo le riforme, ma più in generale una visione imperniata sulla centralità dell’esecutivo e sull’idea di una crescita eterodiretta della società civile? (pp. IX-X).
Da qui la preferenza per un’analisi tematica e non cronologica del progetto crispino, che si concretizza nell’articolazione del volume (arricchito inoltre da un’ampia bibliografia finale) in tre grandi capitoli dedicati rispettivamente a Uno stato da rifondare, La nazione da costruire e infine a Il naufragio del progetto.
Il progetto crispino di riforma dello Stato sarebbe caratterizzato, per Adorni, dal rapporto dialettico tra autorità e responsabilità (con una accentuazione progressivamente sempre più forte del primo elemento) e dal, conseguente, ruolo centrale riconosciuto nel sistema istituzionale al governo, titolare di una propria autonoma legittimità dovuta a un rapporto diretto tra il presidente del consiglio e il ?popolo?.
Il radicalismo plebiscitario di Crispi, peraltro non limiterebbe la propria azione alla riforma dello Stato ma si amplierebbe in un progetto di più ampia modernizzazione della società italiana. Un progetto che se riesce a coinvolgere, in maniera più o meno continuata, una vasta fascia di intellettuali e di grand commis, non riesce a conquistare le masse popolari e soprattutto sconta l’ambiguo rapporto tra volontà modernizzatrice e nostalgia per i ?doni mitici dell’arretratezza?.(p. XII).
Il lavoro offre dunque una stimolante e suggestiva rivisitazione dell’azione crispina come prodotto di un coerente progetto di riforma dall’alto della società e delle istituzioni; tuttavia proprio la decisione di focalizzare l’analisi quasi esclusivamente sulla figura del presidente del consiglio suscita più di una perplessità. Crispi infatti appare in quest’ottica ?l’uomo di un lungo monologo, protagonista, innanzi tutto di una ricerca solitaria? (p. XI). Una scelta così radicale rischia di far perdere nitidezza alla stessa complessità dell’azione crispina che appare difficilmente comprensibile staccata dall’azione dei gruppi che la sostennero, tanto i riformisti che appoggiarono i primi governi, dai conservatori legati a Spaventa, a Zanardelli e il gruppo di politici-giuristi a lui legato, sino ai radicali cavalottiani, quanto le forze reazionarie, partito di corte, latifondisti, ?partito? militare, che, come sottolinea la stessa Adorni, furono i ?crudeli padroni? (p. 314) degli ultimi governi crispini e la cui opposizione a ogni riforma strutturale e l’utilizzo strumentale del vecchio patriota in funzione antipopolare segnarono l’autentico e più profondo fallimento del suo progetto di governo.

Pietro Finelli