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Daniela Coli – Giovanni Gentile – 2004

Daniela Coli
Bologna, il Mulino, pp. 158, euro 11,50

Anno di pubblicazione: 2004

Pochi e forse nessun altro filosofo del ‘900 al pari di Gentile ha partecipato con altrettanta determinazione e consapevolezza alla costruzione dell’identità nazionale del suo paese, rimanendo tuttavia fino in fondo quel che era stato fin dall’inizio della propria vicenda umana e intellettuale: un filosofo, appunto. Quanto mai legittima quindi l’inclusione di un suo rapido profilo in una collezione consacrata a figure, momenti e simboli che in modi diversi hanno partecipato alla costruzione dell’identità italiana. Il volume è aperto da un capitolo consacrato ai mesi cruciali che precedettero l’assassinio del filosofo, al quale seguono altri 4 capitoli, rispettivamente sugli anni della formazione, sul rapporto con Croce, sugli anni della maturità e della milizia politica, e si conclude con una sintesi intorno alla riflessione gentiliana sul senso della storia italiana. Che tuttavia l’operazione nel suo complesso sia riuscita non si direbbe.
Nuoce in particolare, tanto sul piano del metodo quanto su quello delle concrete analisi, il continuo raffronto con l’opera e il pensiero di Croce, e l’andamento da ?vite parallele? che finisce con l’assumere l’esposizione ben oltre il capitolo specificamente dedicato a questo tema. Pur nel molto lavoro comune, Gentile costruì molto presto le premesse per un suo percorso, alquanto diverso da quello crociano. Così non trovano il dovuto rilievo, per fare un paio di esempi, il complesso e ambivalente giudizio gentiliano sul Rinascimento italiano con il contributo da esso dato alla genesi del mondo moderno; o il pensiero pedagogico e la conseguente riforma della scuola (l’uno e soprattutto l’altro, per diverse ragioni, temi piuttosto remoti dagli interessi crociani). L’insistito parallelo/confronto con Croce è peraltro all’origine di giudizi francamente discutibili: come quello, che occupa non poche pagine nell’economia del volumetto, relativo al giudizio positivo che, per attaccare Gentile, il filosofo napoletano avrebbe dato di Mussolini nella Storia d’Italia dal 1871 al 1915. Si tratterebbe di ?parole piene di ammirazione? (p. 91), nelle quali ?Croce afferma compiaciuto come Mussolini sia un figlio suo? (p. 93). Naturalmente, il primo a non equivocare e a comprendere che se Croce riconosceva la novità rappresentata dal fascismo e dal suo capo nella politica italiana non per questo ?ammirava?, fu proprio il diretto interessato, il quale ben cogliendo il senso del giudizio crociano e la complessiva ispirazione di quel libro, reagì aspramente, com’è noto, definendo l’autore ?un imboscato della storia?.
Il volumetto soffre di una evidente trascuratezza formale: continue e fastidiose ripetizioni, piccole ma diffuse sviste (una Adelina sarebbe a volta a volta una donna amata e perduta da Croce, la moglie che gli sopravvisse, e una figlia, che peraltro non si capisce perché sia citata?), punti in cui il dettato non è perspicuo o del tutto incomprensibile, e s’indovina qualche pasticcio tra redazione e tipografia. Il finito di stampare è del ?marzo 2004?. Che si sia voluto a tutti i costi esser presenti per le prevedibili rievocazioni giornalistiche in occasione del 60° anniversario del delitto Gentile? È possibile, ma è un peccato, perché il filosofo di Castelvetrano merita, anche in sede divulgativa, maggiori attenzioni.

Emanuele Cutinelli-Rèndina