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David Forgacs, Stephen Gundle – Cultura di massa e società italiana (1936-1954) – 2007

David Forgacs, Stephen Gundle
Bologna, il Mulino, 425 pp., Euro 25,00 (ed. or. Bloomington, 2007)

Anno di pubblicazione: 2007

Benvenuta quest’opera uscita contemporaneamente in inglese e in italiano. I rapporti tra produzione culturale, consumo, potere politico e attori sociali tra la fine degli anni ’30 e i primi anni ’50 sono indagati in tre capitoli che riflettono anche diversi corpora di fonti. Il primo capitolo dedicato al consumo e alla vita quotidiana si appoggia su un’ampia raccolta di testimonianze orali che raccontano oggetti, spazi e pratiche di consumo così come gli universi simbolici e di senso dei consumatori (e si evince, come sottolineato dagli aa., la competente collaborazione di Marcella Filippa). Il secondo capitolo si concentra sulle industrie culturali e sugli attori economici che hanno contribuito a definire le forme e i mercati della produzione culturale (privilegiando il variegato mondo cinematografico e non trascurando le imprese editoriali, radiofonica e musicale). Il terzo capitolo analizza invece gli attori politici statuali e della società civile attivi nella sfera culturale di massa. In un libro denso di elementi e argomentazioni mi preme sottolineare quegli aspetti maggiormente innovativi nel contesto del dibattito storiografico italiano sulla cultura di massa. Innanzitutto la centralità assegnata alle voci dei consumatori che, oltre a corrispondere all’interesse della storia culturale per la quotidianità, apre una finestra molto importante sulla soggettività, sulla sua articolazione in relazione al consumo culturale, sulle sue trasformazioni in termini di identità di genere. In secondo luogo gli elementi che emergono da un approccio che coglie le ambivalenze, il ruolo insieme integrativo e disintegrativo della cultura di massa. Se guardata attraverso le pratiche di specifici soggetti, la produzione culturale assume configurazioni difformi, spesso contraddittorie che fanno i conti con le negoziazioni di senso attivate dalla lettura, dall’ascolto, dalla visione. In terzo luogo gli aa. lavorano sulle «connessioni»: tra luoghi, soggetti, prodotti. Il libro mostra gli scambi fisici e virtuali che intrecciano storia della cultura e della soggettività. Alla luce di tutto ciò, categorie come «propaganda», «consenso», «persuasione occulta», «americanizzazione» dimostrano i propri limiti euristici.Per concludere, si condivide con gli aa. l’opinione (già espressa da P. Ortoleva) che tra anni ’30 e primi anni ’50 è identificabile un sistema culturale segnato da forti continuità nel personale, nelle pratiche e nelle istituzioni, continuità che neppure la rottura fascismo-repubblica scalfisce. Una proposta che ridimensiona da un lato la versione più accreditata di una cultura di massa italiana primitiva fino all’avvento della televisione e dall’altro la rottura del «miracolo economico», la cui retorica tende a mascherare una geografia dei consumi ancora molto differenziata fino agli anni ’70. Insomma l’immagine di un’Italia rurale estranea alla cultura di massa fino al neocapitalismo viene contrastata tracciando la mobilità di persone e di merci, le connessioni interne all’Italia e con la cultura di massa statunitense, la vivacità dell’immaginario e delle fantasie che permettono di imbastire diverse narrazioni storiche.

Enrica Capussotti