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David I. Kertzer – La sfida di Amalia. La lotta per la giustizia di una donna nella Bologna dell’Ottocento – 2010

David I. Kertzer
Milano, Rizzoli, 286 pp., Euro 19,00 (ed. or. Boston, 2008)

Anno di pubblicazione: 2010

Si tratta di un libro amichevole per il lettore, un libro che si legge d’un fiato, riuscito «tentativo di scrivere storia seria per un vasto pubblico» (p. 256).Vi si narra una vicenda giudiziaria che si protrae per un decennio, dal 1890 al 1900. Una balia contadina, Amalia Bagnacavalli, fa causa al brefotrofio bolognese: la neonata affidatale l’ha contagiata con la sifilide e lei, a propria volta, ha contagiato la figlia, che è morta, e il marito. Maggiori precauzioni da parte dei medici dell’istituzione avrebbero potuto evitare il danno: è la tesi del giovane avvocato che rappresenta in giudizio la donna nelle aule del Tribunale di primo grado e di due diverse Corti d’appello, fino in Cassazione. Amalia otterrà alfine «giustizia» ma le spese legali assorbiranno l’intero ammontare del pur cospicuo risarcimento!La «storia seria» sta anzitutto nelle fonti utilizzate, che l’a. – antropologo e storico della famiglia – conosce a fondo per essersi occupato a lungo, come è noto, sia del tema sia del contesto. La vicenda personale di Amalia si intreccia così alla storia dei «Bastardini» bolognesi, alla storia della città e al contesto culturale, sociale e politico più ampio dell’ultimo quarto del secolo.Il problema delle balie contagiate di sifilide non è nuovo né tantomeno limitato alla sola Bologna. Si tratta di un fenomeno di lungo corso che accomuna i brefotrofi europei per secoli, fino al tramonto dell’intero sistema di gestione della maternità illegittima. Nuovi sono però i termini che la «questione sociale» assume e peculiare è il clima nel quale un’antica e potente istituzione cittadina può essere ridotta in giudizio a mal partito. E nuove sono le figure sociali emergenti che rompono la compattezza delle élite bolognesi: dall’avvocato che rappresenta Amalia ai medici che ne sostengono le argomentazioni. Uno dei meriti del libro è proprio la vivacità con la quale le singole figure vengono tratteggiate nelle motivazioni contestuali del loro agire, nell’intreccio di passioni e interessi che le muove.Il proposito di rivolgersi a un «vasto pubblico» libera lo stile, a tutto beneficio della narrazione. Nel Poscritto, implicitamente rivolto agli «specialisti», l’a. scrive: «nessuna di queste ricerche è davvero utile per gli altri, a meno che non la si riesca a tradurre in una narrazione che faccia rivivere la storia, […] avvertire la sensazione di penetrare in un mondo diverso dal proprio. La sfida è quella di scrivere un dramma sorprendente, una storia che si rivolga al cuore oltre che alla mente» (pp. 253-4).Comunicare l’alterità del passato è un buon servizio reso alla collettività, al contrario di come più spesso opera la divulgazione storica, che tende a catturare il lettore forzando la familiarità con il presente. Un dubbio è semmai lecito su che cosa della ricerca storica metta conto offrire al più «vasto pubblico», se soltanto il prodotto finito che nasconde il lavoro, la narrazione da «consumare» per avere l’emozione del contatto con il passato; o anche la dinamicità dell’incontro tra presente e passato, il corpo a corpo ingaggiato dallo storico con le proprie fonti, la trama aperta delle ipotesi e delle deduzioni. Una sfida ulteriore.

Domenico Rizzo