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David Laven – Venice and Venetia under the Habsburgs 1815-1835 – 2002

David Laven
Oxford, Oxford University Press, pp.X-256, £ 45,00

Anno di pubblicazione: 2002

Contestando le distorsioni patriottiche della storiografia risorgimentale, Laven propone, sulla base di una larghissima ricerca archivistica a Venezia, Milano e Vienna, una reinterpretazione del secondo dominio austriaco fino alla morte dell’imperatore Francesco. La prima parte offre una disamina dell’esperienza di dominio straniero dopo il crollo della Serenissima e una ricostruzione particolareggiata del passaggio dal regno napoleonico all’annessione austriaca (1813-18), la seconda un’analisi della ?natura? del governo austriaco, in particolare della politica fiscale e di coscrizione, e la terza (?keeping order?) si concentra sulle politiche volte ad ottenere consenso (educazione, religione, censura, mantenimento dell’ordine).
Questo studio del funzionamento dell’amministrazione ha il grande merito di collocare costantemente l’ideologia politica e la prassi amministrativa austriaca a Venezia e nel Veneto nel contesto dell’impero asburgico. Laven illustra, con ricchezza di esempi, come, pur tenendo conto delle suscettibilità dei veneti, le finalità di Vienna erano rivolte al problema del come integrare l’ex-stato e rivale nell’impero, avvicinandolo al (recente) ideale asburgico di un’amministrazione uniforme. L’eredità napoleonica era a doppio taglio: tanto odiata dai veneti da rendere il governo austriaco preferibile, ma troppo efficace come sistema amministrativo per poterla abbandonare come cesura col passato recente. Ciò che distingueva il governo austriaco da quello napoleonico, per Laven, stava nella preoccupazione per l’equità di ogni decisione, il che portava ad un esame esauriente di ogni pratica, con conseguente lentezza e pesantezza di decisione; l’accentuato centralismo di Vienna non era diverso da quello bonapartista. Il ritratto personale dell’imperatore Francesco che ne emerge è quasi quello di una versione ottocentesca di Filippo II, con la carità al posto del fanatismo religioso. E la conclusione generale attribuisce l’emergere di una opposizione soprattutto alla mancanza di direzione del governo dopo la morte di Francesco.
Lo storico è inevitabilmente fortemente influenzato dalle fonti che utilizza. Non sorprende quindi che Laven tenda a ridimensionare le lamentele dei sudditi veneti perché le vede attraverso il filtro delle carte dell’amministrazione austriaca. Una conseguenza è quella di esagerare l’ostilità al dominio napoleonico (almeno per me storico di quest’ultimo); un’altra è di sottostimare la sudditanza di Venezia-porto a Trieste. Nella scia di Meriggi, Laven insiste, giustamente, sulle differenze tra le due parti del regno lombardo-veneto. Sottolinea l’ignoranza linguistica dei veneti come ostacolo alle loro carriere, come pure la loro passività politica e i loro risentimenti rispetto ai lombardi. Tuttavia, proprio la diversità delle esperienze storiche precedenti delle due regioni avrebbe dovuto indurlo a distinguere meglio tra le reazioni dei veneziani e quelle dei loro ex-sudditi di terraferma.
Il libro offre un’importante complemento agli ultimi volumi, recentissimi, della Storia di Venezia. L’Otto e il Novecento della Treccani e Fondazione Cini. Peccato per i refusi tipografici, inconsueti per un editore così prestigioso.

Stuart Woolf