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Davide Montino – Le parole educate. Libri e quaderni tra fascismo e Repubblica – 2005

Davide Montino
Milano, Selene Edizioni, pp. 270, euro 16,00

Anno di pubblicazione: 2005

Con una puntuale analisi di quaderni e testi unici per la scuola elementare, Montino riafferma l’organicità del progetto educativo fascista e la sua lunga durata nell’Italia repubblicana, in esplicito contrasto con le recenti polemiche che, incentrate proprio sui manuali, hanno denunciato la pretesa egemonia della sinistra comunista sull’istruzione del secondo dopoguerra. Strumenti didattici insostituibili, per loro stessa natura i libri di testo costituiscono i depositi di un’identità collettiva posta al crocevia di più generazioni. Ma, nel caso di un ?regime di parole? (secondo la definizione di Mario Isnenghi qui ripresa) con pressanti esigenze di socializzazione politica, essi riflettono fedelmente il processo di costruzione dell’italiano nuovo in una sua tappa cruciale, l’infanzia. In questo senso i loro contenuti sono individuati dall’autore quale fonte privilegiata, con il rischio di dimenticarne la complessa genesi, a partire dalle direttive del regime in materia scolastica; in particolare l’introduzione del testo unico nel 1929 si lega a interventi volti a rafforzare l’efficienza dell’istruzione obbligatoria fascista, come hanno mostrato alcuni studi, che potevano essere sfruttati di più (anche se, è bene ricordarlo, il mantenimento del libero mercato nella scuola media non garantisce maggiore libertà). D’altra parte neanche i quaderni riescono a diventare veicolo di soggettività, a riprova di un totalitarismo pervasivo che trasforma non solo la lettura ma anche la scrittura in ?una pratica di dominio dell’adulto sul bambino? (p. 260). Non piccolo pregio del libro è infatti quello di sottolineare l’ipoteca che così viene a gravare su tutti gli aspetti della crescita, a fronte di una storiografia che continua a vedere la scuola del periodo come un’oasi di libertà all’interno di un contesto liberticida. Le letture occupano un posto speciale, proprio per la capacità di trasfondere il fascismo, insieme alla Chiesa e alla religione cattoliche, in una visione organica della vita. Montino coglie sapientemente l’essenza dell’immaginario fascista (culminante nel mito del duce salvatore per volontà di Dio) nella tensione irrisolta tra estremi solo apparentemente contraddittori: modernità e tradizione, città e campagna, centro e periferia, in una dimensione temporale sempre sospesa tra presente e passato. L’effetto complessivo è quello di una costruzione dell’itinerario storico nazionale nel quale domina la Grande guerra ? e la guerra come dimensione esistenziale ? quale anello di saldatura tra Risorgimento e fascismo. Di un modello educativo di tale presa si stenta a trovar traccia nei primi anni della Repubblica. Con il riadattamento di vecchi libri usati prima e durante il Ventennio, e con l’esclusione di ogni accenno alla storia più recente (cioè al fascismo e alla Resistenza), si perde anche il senso della realtà che non era mancato ai testi fascisti: e a riempire il vuoto sono chiamate la Chiesa e la religione. Al vitalismo del regime la Repubblica sostituisce così le tradizionali virtù della rassegnazione, sintomo di un ritardo nella formazione della coscienza democratica che non sarà senza conseguenze nella storia del paese.

Monica Galfré