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Dehli – Rom – Berlin. Die indische Wahrnehmung von Faschismus und Nationalsozialismus 1922-1939

Maria Framke
Darmstadt, WBG, 360 pp., € 79,90

Anno di pubblicazione: 2013

Framke affronta il tema della recezione del fascismo e del nazionalsocialismo nella società e nella cultura indiana nel periodo compreso fra l’ascesa di Mussolini e l’inizio della seconda guerra mondiale. Una periodizzazione che, secondo l’a., non è definita solamente dai due termini a quo e ad quem di evidente matrice europea, ma definisce una fase conchiusa e in sé significativa della storia stessa dell’India contemporanea. Il periodo fra le due guerre fu infatti contrassegnato da un dibattito pubblico più vivace, poiché meno serrati furono la censura e il controllo dell’opinione pubblica, rispetto agli anni, precedenti e successivi, dei due conflitti mondiali.
Il tema centrale del libro è stato poco indagato dalla storiografia e trascurato dalla riflessione politica restia ad ammettere un interesse verso i fascismi da parte dell’Indian National Congress innanzitutto, ma in fondo neppure da parte del nazionalismo indiano nel suo complesso. Nondimeno, il tema appare di notevole interesse, poiché incrocia istanze fra loro almeno apparentemente antitetiche: un fattore di lungo periodo quale la lotta per l’indipendenza contro la Gran Bretagna, la lotta condotta in nome di valori democratici e l’attenzione verso i due nuovi regimi, programmaticamente illiberali e antidemocratici. Un’attenzione che la ricerca, condotta principalmente sulla stampa e sulla pubblicistica indiana in lingua inglese, ha rilevato essere stata di segno non univoco, ma diffusa e trasversale, e solo in parte riconducibile ad una volontà di deliberata contrapposizione alla «comune nemica», l’Inghilterra. Indubbiamente influenzati dagli scambi culturali promossi sia dalla Germania nazista sia dall’Italia fascista, in particolare attraverso la Deutsche Akademie e l’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente, il giudizio sulle politiche dei due regimi, soprattutto nel campo della formazione della gioventù, delle scelte economiche e dell’educazione politica (il culto del capo, in particolare) era pure funzionale a una riflessione interna, volta a definire possibili strategie di crescita politica, sociale ed economica per una futura India indipendente.
Il metodo di analisi adottato, che incrocia una prospettiva di storia transnazionale e di analisi delle percezioni, bene si presta a cogliere il flusso delle reazioni ai fenomeni fascista e nazista: interessanti in particolare il giudizio sull’antisemitismo, influenzato dalle ripercussioni sul piano nazionale, e la diversa posizione rispetto alla politica estera aggressiva italiana e tedesca, almeno rispetto alla guerra d’Etiopia e alla questione dei Sudeti. Attraverso un’analisi incentrata principalmente su quattro nodi – Bildung, politica economica, razzismo/antisemitismo e politica estera – l’opera ci restituisce un quadro abbastanza convincente dell’immagine del fascismo e del nazismo nella politica e nella cultura indiana e bengalica, mentre più sfumata rimane la valutazione dell’influsso che i due fenomeni ebbero sull’India, anche rispetto ad altri percorsi nazionali analogamente presi in considerazione, come quello sovietico. Ma è il solo rilievo che mi sembra di poter fare a un lavoro serio e rigoroso.

Monica Fioravanzo