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Di pura razza italiana. L’Italia “ariana” di fronte alle leggi razziali

Marco Avagliano, Marco Palmieri
Milano, Baldini&Castoldi, 446 pp., € 18,90

Anno di pubblicazione: 2013

Il volume segue l’impostazione dei lavori precedenti dei due autori, giornalisti e collaboratori
dell’Istituto romano per la storia d’Italia dal fascismo alla Resistenza (Irsifar),
dedicati ai diari e lettere degli Imi (Gli internati militari italiani. Diari e lettere dai lager
nazisti, 2009), degli ebrei perseguitati (Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia, 2010) e dei
deportati politici (Voci dal lager. Diari e lettere di deportati politici 1943-1945, 2012).
In questo caso, però, al centro dell’indagine si trovano le testimonianze non delle
vittime, quanto della società italiana di fronte alla promulgazione delle leggi razziali del
1938. I sette capitoli seguono strettamente un ordine cronologico, a partire dalla svolta
razzista del 1937-1938, ricostruendo le reazioni del settembre del 1938, al momento
dell’applicazione delle norme antiebraiche nel mondo della scuola e dell’università, per
poi tracciare una tipologia di percorsi degli italiani – dal dissenso alla complicità, all’indifferenza,
alla solidarietà privata, all’adesione – tanto da parlare di un «consenso di massa»
espresso, secondo gli autori, dall’«Italia ariana» nel 1939. Chiudono i capitoli sulla radicalizzazione
dell’antisemitismo e delle misure persecutorie fra l’entrata in guerra e il crollo
del regime fascista nel luglio 1943.
Il volume utilizza un ampio ventaglio di fonti per tentare di ricostruire lo «spirito
pubblico» riguardo alle reazioni di fronte alle leggi antiebraiche del 1938: si va dalle
classiche fonti fiduciarie e della polizia politica (al centro dello studio di Simona Colarizi,
L’opinione degli italiani sotto il regime, 1929-1943, 2009, 1 ed. 1991, che presentava
alcune linee di approfondimento dello studio dell’opinione della società italiana durante
il fascismo rimaste ancora oggi in parte disattese), alle lettere e diari privati, alle lettere a
Mussolini, alla corrispondenza censurata. Inserendosi in una stagione di studi ormai consolidata
sull’applicazione delle leggi razziali del 1938, con questa ricerca viene senz’altro
confutata l’idea, a lungo prevalente nella storiografia, che la promulgazione della normativa
antiebraica abbia rappresentato il momento di inizio della rottura del consenso
fra italiani e regime fascista. Come concludono gli autori: «dalla ricognizione dell’ampio
raggio delle fonti utilizzate per questo lavoro, risulta che il razzismo e l’antisemitismo
non furono un corpo estraneo nella storia italiana, ma l’espressione di un coagulo di
forze, esperienze, ideologie, interessi e convenienze trasversali» (p. 17). Se pure parlare
di «consenso di massa» nel 1939 appare un po’ forzato, così come note sono le prese di
posizione a carattere antiebraico di noti intellettuali che poi ritroveremo nelle fila dell’antifascismo,
la lettura di questa ampia documentazione relativa alle reazioni degli italiani
stimola nuove ricerche e nuovi approfondimenti, al fine di «scomporre» questa opinione,
secondo caratteri sia geografici e territoriali, sia sociali e economici e professionali, per poi
tracciarne un quadro quanto più possibile articolato e sfaccettato.

Valeria Galimi