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Diana De Rosa – Spose, madri e maestre. Il Liceo femminile e l’Istituto magistrale ?G. Carducci? di Trieste 1872-1954 – 2004

Diana De Rosa
Udine, Del Bianco, pp. 218, euro 22,00

Anno di pubblicazione: 2004

Diana De Rosa, studiosa di storia della città di Trieste, ha pubblicato molti lavori sulla condizione dei ceti popolari e delle istituzioni educative nell’area giuliana e istriana, fra i quali ricordiamo Libro di scorno, libro d’onore. La scuola elementare triestina durante l’amministrazione austriaca (1761-1918) e Maestri, scolari e bandiere. La scuola elementare in Istria dal 1814 al 1918, editi rispettivamente nel 1991 e nel 1998 nella collana del Comitato di Trieste e Gorizia dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano. In questo volume, l’autrice ricostruisce la nascita della Scuola magistrale comunale di Trieste, avvenuta nel 1872, e le numerose trasformazioni da essa subite sino al 1954.
L’istituzione della Scuola aveva segnato l’affermazione dell’autorità comunale sulla formazione delle maestre elementari, da quel momento non più monopolio delle suore benedettine; ma nel 1881, quando era ormai venuta meno la necessità di formare maestre ed era emersa, invece, l’esigenza di una scuola secondaria femminile che corrispondesse ?precipuamente al bisogno della classe più agiata? (p. 35), la Scuola fu trasformata in Liceo femminile. Dopo pochi anni, il bisogno di formare maestre italiane e l’opposizione del governo alla riapertura del corso magistrale consigliarono di introdurre lo studio della pedagogia, affinché le allieve del Liceo potessero sostenere gli esami magistrali e poi, all’inizio del nuovo secolo, di istituire un corso di perfezionamento indirizzato alla carriera magistrale, accentuando così la natura spuria del Liceo. A seguito della riforma Gentile, al nuovo Liceo femminile venne ad affiancarsi un istituto magistrale: come in tutta Italia, il primo fu destinato al fallimento e il secondo ad un grande successo.
De Rosa ripercorre queste vicende ?dal di dentro?, grazie anche allo stato di conservazione delle fonti particolarmente felice (quello della scuola triestina è uno dei pochissimi casi in cui un archivio scolastico è conservato presso un Archivio di Stato), che le permette di mettere in primo piano e dare voce agli attori della vita scolastica. Questo approccio, quando non scade nella cronaca fine a se stessa, è molto efficace, ad esempio quando l’autrice ricostruisce le vicende interne della scuola durante le guerre mondiali e l’emanazione delle leggi razziali; così come nel caso del dibattito intorno alla natura della scuola, quando ci si interroga se essa debba essere finalizzata a fornire una cultura media senza fini pratici, oppure essere orientata al perfezionamento dei maestri elementari o, ancora, concretizzarsi in un ciclo di studi di preparazione all’università. Un interrogativo centrale e ricorrente nelle discussioni sull’istruzione femminile, ma che le fonti difficilmente consentono di cogliere nel contesto concreto di una scuola e dei suoi protagonisti.

Teresa Bertilotti