Cerca

Diego Verdegiglio – La tv di Mussolini. Sperimentazioni televisive nel ventennio fascista – 2003

Diego Verdegiglio
Roma, Cooper & Castelvecchi, pp. 495, euro 20,00

Anno di pubblicazione: 2003

Fin dall’Introduzione l’autore pone un interrogativo ai lettori: perché la tv di Mussolini? Effettivamente il tema richiede un impegno non indifferente che ha come obiettivo quello di mostrare come nascono, per poi interrompersi allo scoppio della guerra, le prime sperimentazioni di un medium che condizionerà la seconda metà del XX secolo. La prima osservazione, che viene spontanea leggendo il volume, è di trovarsi di fronte ad un’immensa mole di notizie e testimonianze sorrette da una bibliografia corposa sia estera sia italiana, con riferimenti continui alle invenzioni che hanno preceduto l’avvento della televisione: nel 1847 entra in funzione la prima linea telegrafica italiana tra Pisa e Livorno, nel 1855 Giovanni Caselli inventa il pantelegrafo, nel 1857 Antonio Meucci crea un primo apparecchio simile al telefono. La prima parte del libro, preceduta da una minuziosa cronologia, è costruita attraverso una serie di citazioni da testi ampiamente noti e da osservazioni tratte da riviste dell’epoca. Siamo negli anni Trenta e già si parla di diretta, di televisione che è trasmissione simultanea di suono e immagine attraverso le onde hertziane, arrivando nelle case premendo e ruotando un bottone elettrico. Si ha la sensazione che intellettuali, scienziati e uomini politici siano pienamente consapevoli delle potenzialità del mezzo, e l’autore ricorda l’entusiasmo di Marinetti che, dopo aver assistito agli esperimenti compiuti alla Fiera di Milano nel 1933, pubblica sulla «Gazzetta del popolo» un ?manifesto futurista? intitolato la radia. Preceduta da un capitolo che parla delle prime trasmissioni sperimentali a Torino e a Roma, la seconda parte si compone di alcune testimonianze che ricordano la sperimentazione: Romano Mussolini, Lidia Pasqualini, la prima annunciatrice apparsa sugli schermi televisivi, Lia Origoni, una delle prime artiste, Lucia Mannucci e Virgilio Savona del Quartetto Cetra. Le interviste incuriosiscono e collocano nel tempo, anche con ricordi sbiaditi, un evento che è indubbiamente condizionato dal controllo totale esercitato sui mezzi di comunicazioni di massa dal regime fascista.
Si tratta sicuramente di un libro utilissimo per la mole delle notizie, anche curiose, che raccoglie. Manca però una sintesi, un’ipotesi che emerga dal materiale preso in esame: un raccordo fra sistema dei media e sistema politico, fra sfera pubblica e sfera privata. Come se l’autore non volesse trarre delle conclusioni e si affidasse ad una storiografia già consolidata. Ma proprio su questo tema in Italia non esistono molti studi ed allora si vorrebbe uno sforzo di elaborazione che consentisse di avere un’idea delle difficoltà incontrate dalla nascita di questo nuovo paradigma scientifico, parafrasando la definizione di Flichy, in un’Europa che correva verso il secondo conflitto mondiale, e in un’Italia dove tutte le innovazioni, soprattutto quelle riguardanti la comunicazione, dovevano sottostare all’approvazione del governo fascista.

Francesca Anania